Nell’ultimo periodo si sente parlare sempre di più della tassazione sui conti correnti, con non pochi timori che sono stati indubbiamente acuiti dalla crisi economica dell’ultimo anno. I conti correnti sono stati già oggetto di una riforma nel 2012 che ha portato all’applicazione di una nuova tassazione.
In questa guida cercheremo di fare il punto sulla tassazione dei conti correnti 2021 evidenziando qual è la situazione attuale e quali potrebbero essere le ipotetiche novità in arrivo con l’aggravarsi della situazione economico-finanziaria.
Fino a prima del cosiddetto decreto Salva Italia, i conti correnti non erano soggetti all’applicazione dell’imposta di bollo. Tale tassazione è stata introdotta dall’allora Governo Monti non solo sui conti correnti bancari o postali, ma anche sui certificati di deposito.
L’imposta di bollo sui conti correnti varia a seconda che venga applicata sui conti delle persone fisiche o su quelli delle persone giuridiche. Nello specifico:
Per quanto riguarda la tassazione introdotta sui depositi bancari, si differenzia dall’imposta di bollo applicata sui conti deposito in quanto viene calcolata partendo da un’aliquota e dalla giacenza media del conto corrente-
Nel 2013, l’imposta di bollo sui depositi di conto corrente era pari all’1,5% per mille annuo, mentre a partire dal 2014 è stata modificata, diventando del 2% per mille. Quando si parla di depositi, è bene introdurre un’importante distinzione.
Il deposito potrebbe indicare la provvista di un conto corrente, quindi fare riferimento a strumenti finanziari quali i certificati di deposito o i depositi che sono alimentati tramite un conto corrente di appoggio, ma potrebbe riferirsi anche ai depositi con funzione differente.
Nella prima ipotesi, l’imposta di bollo prevista per Legge deve essere applicata nella forma fissa che è indicata nell’articolo 13, comma 2-bis del decreto legge del 2012. Nel secondo caso, invece, ovvero qualora i depositi in conto corrente non abbiano la funzione di fornire una provvista al conto, l’imposta di cui sopra deve essere applicata in modo proporzionale.
Questa regola p valida nel caso delle giacenze che risultano vincolate, ovvero quelle che non possono in alcun modo essere prelevate dal cliente fino al momento in cui il vincolo sarà in vigore.
L’imposta di bollo non è dovuta nei casi in cui la giacenza media sul proprio conto corrente sia inferiore ai 5.000 euro. A proposuti del calcolo della giacenza media, è bene ricordare che viene fatto in modo cumulativo.
Di conseguenza, nel caso in cui si abbiano più conti correnti e la somma delle varie giacenze sia maggiore di tale soglia, si dovrà pagare l’imposta di bollo. Il trucco di spalmare i propri risparmi su diversi conti correnti per non pagarla non servirà, in pratica, a niente.
L’esenzione è valida anche:
L’esenzione trova applicazione anche sulle “note spese che vengono compilate dai dipendenti che, compiendo ad esempio trasferte, sostengono spese addebitabili al datore di lavoro e da rimborsare dal medesimo”.
La nuova patrimoniale sui conti correnti, che consisterebbe in un prelievo forzoso sui conti, è al momento soltanto un’ipotesi e una proposta che è stata suggerita come mezzo per sostenere la ripresa economica del Paese.
Tale proposta ha abbozzato l’introduzione di un’imposta patrimoniale progressiva, a partire dai conti correnti sui quali sono stati depositati almeno 500.000 euro. L’aliquota massima, pari al 3%, sarebbe applicata sui conti correnti il cui patrimonio superi 1 miliardo di euro (in questo caso, si tratterebbe comunque di un’imposta una tantum, da sostenere soltanto nel 2021).
Le patrimoniali in vigore in Italia sono delle imposte che non vengono applicate sui redditi, ma sui patrimoni posseduti, i quali possono essere di tipo mobiliari o immobiliare. Un esempio di imposta patrimoniale è il bollo auto, che si paga non tanto per l’utilizzo di un veicolo, ma per il semplice fatto di possederne uno.
Nell’ipotesi in cui si dovesse decidere di procedere con una nuova imposta patrimoniale, sarebbe comunque applicata soltanto ai conti correnti dei ceti più abbienti, agendo, dunque, come una strumento di giustizia sociale.
Una delle conseguenze reali della crisi economica è stata l’applicazione di tassi negativi sui conti correnti con depositi superiori ai 100.000 euro. La crisi economica, in pratica, ha colpito anche le banche che sono costrette a pagare alla BCE un interesse dello 0,5% sulle giacenze.
I conti correnti con grandi depositi rappresentano, oggi, una perdita per le banche. All’estero alcune di loro hanno scelto così di applicare tassi di interesse negativi sulle grandi giacenze.
In Italia alcuni istituti di credito hanno iniziato a prendere le prime precauzioni. Per esempio Fineco ha inviato una comunicazione ai propri correntisti con liquidità superiore ai 100.000 euro relativa alla chiusura del conto corrente.
L’alternativa alla chiusura definitiva o all’applicazione di commissioni una volta superate determinate giacenze potrebbe essere quella di spronare i propri correntisti a investire in strumenti alternativi, come per esempio un immobile o dei preziosi.
Oltre alla risposta data da Fineco, ci sono state anche altre banche che hanno reagito di fronte a questa situazione piuttosto insolita:
Intesa Sanpaolo ha, invece, al momento intrapreso una campagna di sensibilizzazione sui rischi derivanti dal tenere troppi soldi sul proprio conto corrente. Di certo si tratta di una scelta non particolarmente conveniente, soprattutto se si considera che, in caso di fallimento della banca, il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi coprirebbe soltanto fino a un massimo di 100.000 euro.