L’utilizzo del contante, negli ultimi anni, è andato incontro a sempre maggiori limiti. Questo perché questi pagamenti non sono tracciabili, e quindi è molto più facile in questo modo effettuare transazioni in nero, evadendo così le tasse.
Per questo oggi gli strumenti più accettati e utilizzati per effettuare acquisti di beni e servizi sono quelli elettronici, come le carte di credito o di debito, o le disposizioni bancarie come i bonifici. A tutto questo si aggiunga un sempre più stretto controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, che per combattere l’evasione ha messo a punto diversi strumenti che indagano anche sui conti correnti degli utenti per evidenziare movimenti anomali. Tenuto conto di tutto questo, vediamo qui di seguito quanto si può versare in contanti in banca, un’operazione apparentemente banale ma che non deve essere sottovalutata per evitare di incorrere in una serie di problemi.
Teoricamente non c’è limite a quanto si può versare in contanti in banca: chiunque, con una certa quantità di denaro liquido a disposizione, può accreditarlo sul proprio conto corrente senza che ci sia una disposizione di legge che impedisce di fare ciò. Questo, però, non significa che nei fatti questo tipo di operazioni non dia origine a situazioni delicate.
Ovviamente il contribuente ha tutte le possibilità di difendersi e dimostrare che ha già pagato le tasse su quella somma di denaro secondo la legge (ad esempio perché tassata alla fonte, come nel caso delle vincite al gioco), oppure che si tratta di somme non tassabili (è il caso di donazioni, risarcimenti, vendite di beni usati e così via). Non è sufficiente, al contrario, sostenere che si tratta di somme che si trovavano in casa (i classici “soldi sotto il materasso”) e che per sicurezza si vogliono depositare in banca.
In altre parole, in questi casi vice l’inversione dell’onere della prova: a differenza di quanto accade di solito in un dibattimento giudiziario comune, infatti, qui è chi viene accusato che è tenuto a fornire una prova (non generica, ma analitica) che ogni versamento bancario considerato sospetto si può in realtà riferire a qualcosa di lecito e di non soggetto all’imponibile. Non è nemmeno previsto quello che viene chiamato il contraddittorio preventivo, ovvero la possibilità di chiarire la propria posizione fiscale prima dell’avviso di accertamento.
Oggi gli strumenti a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per individuare movimenti inconsueti di denaro e decidere di indagare più a fondo sono diversi. Il più importante è l’Anagrafe dei conti correnti, un grande database che al suo interno contiene tutte le informazioni relative ai conti degli utenti, come i saldi, le liste di movimenti e tutti i rapporti intrattenuti con gli istituti di credito e gli uffici postali.
In questo archivio sono compresi quindi i pagamenti effettuati con i bonifici, con la carta di credito o con la carta di credito (Bancomat), i prelievi e i versamenti in contanti. È da ricordare che le banche hanno l’obbligo di comunicare periodicamente questi dati all’Anagrafe dei conti correnti mediante procedura informatica.
Va inoltre ricordato che per la normativa antiriciclaggio le banche devono inviare comunicazioni per le movimentazioni in contanti superiori ai 10.000 euro.
Per le motivazioni citate in precedenza, oggi le disposizioni di legge cercano di limitare il più possibile l’uso del contante, favorendo il ricorso ai pagamenti elettronici o mettendo dei limiti per l’uso del denaro liquido. Esistono infatti delle soglie che non si possono superare per il pagamento in contanti di un unico acquisto: fino al 31 dicembre 2022 questo limite è di 2.000 euro.
A partire dal 1° gennaio 2023, invece, salvo cambiamenti dell'ultimo minuto, il limite fissato per il pagamento in contanti scenderà a 999,99 euro. Il regolamento CE n. 974/98 del Consiglio dell’Unione Europa prevede peraltro che non ci sia incompatibilità tra gli eventuali limiti all’uso del contante adottati dagli Stati membri dell’Unione europea per l’uso di banconote o monete: l’importante, ovviamente, è che siano previsti mezzi alternativi di pagamento.
Questo significa che nell'ipotesi in cui si facessero pagamenti ricorrenti in contanti, come per esempio quello bimestrale di un affitto pari a 1.000 euro:
Se l’utente che ha versato contanti in banca in misura tale da attirare l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate non è in grado di giustificare l’accredito con prove che la somma è già stata tassata, la stessa Agenzia, come già anticipato, può considerare quel denaro come il frutto di un’evasione fiscale.
La conseguenza più immediata di questa situazione è che il Fisco può passare alla tassazione della somma in questione e a comminare le relative sanzioni per la mancata dichiarazione.
Naturalmente va ricordato che l’accredito di somme limitate di contante senza caratteristiche di periodicità (cioè con versamenti una volta ogni tanto) non dovrebbero creare problemi, perché è poco probabile che l’Agenzia delle Entrate faccia partire un accertamento se non si tratta di importi di un certo rilievo: via libera quindi a chi si ritrova qualche centinaio di euro in tasca e li vuole trasferire sul suo conto corrente.
Come si è visto, anche se non c’è limite su quanto si può versare in contanti in banca, trasferire somme ingenti e farlo non solo una volta ogni tanto, ma con regolarità, significa scegliere di porre le proprie operazioni all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate: nessun problema ovviamente se non c’è nulla da nascondere e il contribuente è dotato di tutti i documenti che confermano la provenienza lecita del denaro, ma altre situazioni possono essere più complesse, anche se non c’è nulla di illegale (ad esempio la donazione di contante non registrata da un notaio da parte di un parente).
Per evitare i controlli sui versamenti di contante alla propria banca, è quindi meglio evitare operazioni sospette o effettuare versamenti solo quando si è assolutamente certi di avere la corretta documentazione da esibire, se interpellati; questi documenti vanno conservati per almeno cinque anni. In genere, comunque, molto meglio effettuare versamenti di elevato importo utilizzando gli strumenti tracciabili del bonifico e del pagamento tramite carta di credito o di debito.
A differenza di quanto previsto per i versamenti di contante in banca, per i prelievi la libertà è molto maggiore - con l’eccezione degli imprenditori che devono sottostare a un limite massimo prelevabile, giornaliero e mensile.
In genere il limite di prelievo contante si aggira intorno ai 500-1000 euro al giorno e 2000-3000 euro al mese, ma contattando il servizio clienti della propria banca è di solito piuttosto semplice chiedere un’eccezione una tantum per un prelievo particolarmente ingente.
Naturalmente bisogna sempre ricordarsi che la cifra massima che può essere pagata per un unico acquisto è di 1.000 euro a partire dal 2023. L’attenzione, quindi, va a come si spendono i soldi prelevati, più che sul prelievo in sé di contante.
Per saperne di più sul limite massimo per il prelievo in banca consigliamo anche la lettura "Limite prelievo Bancomat: quanto si può prelevare al giorno?".