

L’estratto conto è il documento con il quale possiamo tenere sotto controllo il nostro patrimonio, le entrate, le uscite, e se è il caso scoprire anche transazioni impreviste, per le quali possiamo chiedere chiarimenti alla nostra banca. In altre parole, l’estratto conto è una sorta di “biografia” del nostro conto corrente, e costituisce una documentazione fondamentale per il controllo e per eventuali contestazioni.
Le normative in materia di conti bancari sono piuttosto complesse, e per questo è del tutto normale trovarsi con decine e decine di documenti relativi alla custodia del proprio patrimonio. Non sempre le banche italiane sono aggiornate con le ultime tecnologie, e anche per qualche legge un po’ antiquata in più di un caso siamo costretti a inviare copie cartacee di contratti e a riceverne altrettante: da qui nasce la necessità di sapere per quanto tempo conservare gli estratti conto bancari e analoghi documenti, visto che lo spazio non è infinito ma potrebbe essere sempre utile controllare su un vecchio estratto conto i dettagli di un accredito o di un addebito. Vediamo che cosa c’è da sapere.
La risposta più semplice è la seguente: gli estratti conto bancari vanno conservati per 10 anni. Tale limite temporale è lo stesso anche per altri tipi di documentazione contabile o fiscale, secondo quanto stabilito dall’art. 2220 del Codice Civile.
Questa è infatti la tabella relativa a bollette e documenti di vario genere:
ricevute e fatture di alberghi, hotel, ristoranti e altre strutture ricettive: 6 mesi
quietanze di assicurazioni: 1 anno dalla scadenza o altro termine previsto dallo specifico contratto
ricevute di spedizionieri o di trasportatori: 1 anno o 18 mesi, se il trasporto avviene fuori Europa
rette scolastiche e iscrizioni a corsi sportivi: 1 anno, o 5 anni se utilizzate come spese detraibili a fini fiscali
scontrini: 2 anni (o per la durata della garanzia)
parcelle e fatture di professionisti: 3 anni
bollo auto: 3 anni oltre l’anno cui si riferisce il pagamento
fatture dei fornitori (imprese di servizi, artigiani e così via): 3 anni
cambiali: 3 anni dalla scadenza
ricevute ICI e IMU: 5 anni
ricevute di affitto e di spese condominiali: 5 anni
multe e contravvenzioni: 5 anni
dichiarazioni dei redditi e ricevute relative a pagamenti di imposte: 5 anni a partire dall’anno successivo a quello della dichiarazione (in presenza di accertamento, fino alla chiusura dell’accertamento)
addebiti bancari relativi a ristrutturazioni edilizie e simili, deducibili ratealmente nella dichiarazione dei redditi: fino alla scadenza dell’accertamento della dichiarazione fiscale contenente il beneficio dell’ultima rata di spesa
canone RAI: 10 anni
estratti conto bancari: 10 anni
bollette di telefonia mobile: 10 anni
tassa sui rifiuti: 10 anni
atti notarili, come rogiti o altro: per sempre
10 anni è anche la misura di quanto tempo le banche e gli istituti di credito debbano conservare i documenti relativi alle posizioni dei loro clienti. I contratti devono essere invece conservati per sempre, come prova del servizio prestato. Inoltre, lo stesso contratto può essere redatto in formato digitale e non cartaceo.
Secondo l’art. 119 comma 4 del TUB, il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, «Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione».
La banca può ricorrere a diverse tipologie di conservazione dei documenti dei suoi clienti, come l’archivio cartaceo, la conservazione digitale o l’archivio ibrido.
L’estratto conto viene inviato ai clienti di un istituto di credito con una certa periodicità (mensile, bimestrale o trimestrale, di solito) o per posta o per via telematica. Nel primo caso si tratta della classica lettera della banca che arriva nella cassetta della posta, nel secondo invece di norma si riceve una notifica (via email o SMS registrati presso la banca) che annuncia la disponibilità dell’estratto contro all’interno dell’area clienti, su web o nell’eventuale app dell’istituto di credito. Di norma il conto corrente non viene inviato direttamente via mail al cliente per motivi di privacy e di sicurezza.
L’estratto conto presenta, per il periodo che viene preso in esame, le operazioni che sono state effettuate in ordine di data: di ogni transazione è fornita la data (il giorno in cui è stata effettuata l’operazione di addebito o di accredito), la valuta (il giorno dal quale cominciano a maturare gli interessi o smettono, se l’operazione è in addebito), i movimenti a debito e i movimenti a credito (dare e avere).
Anche quando non si hanno gli estratti conto digitali, è comunque consigliabile effettuare una scansione (basta utilizzare la fotocamera del proprio telefonino) e archiviare i relativi file in una cartella che potrà essere consultata all’uopo; meglio ancora se suddetta cartella viene collocata in un servizio cloud (come Dropbox, Google Drive, iCloud, Microsoft OneDrive e così via), in modo da avere l’accesso anche su dispositivi diversi e con la sicurezza di un backup per qualsiasi evenienza.
Da notare che in molti casi scegliere di ricevere l’estratto conto digitale invece di quello cartaceo, visto che comporta un risparmio alla banca che non deve né stampare né spedire nessun documento, può comportare uno sconto sul canone mensile.
Che fare quando dall’estratto conto spunta una transazione che non abbiamo mai visto o siamo sicuri sia presente un errore? In questo caso, entro 60 giorni dalla data di ricezione è possibile contestarlo. I giorni diventano 180 se gli errori sono relativi a:
scritturazione
calcolo
omissioni o duplicazioni
In caso di errori sostanziali, come ad esempio il pagamento di spese non dovute o l’errata applicazione di interessi, è possibile contestare entro 10 anni l’estratto conto: ecco perché la conservazione consigliata di questi documenti ha proprio questo lasso di tempo.
La prima cosa da fare è scrivere una lettera e comunicare l’errore riscontrato, o gli errori, e inviarla alla banca tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, senza perdere tempo. È necessario includere nella busta anche una fotocopia dell’estratto conto contestato e tutta la documentazione che può aiutare a dimostrare l’errore (ad esempio, la ricevuta corretta relativa a un pagamento che è stato addebitato per un altro importo).
Entro 30 giorni, la banca ha l’obbligo di rispondere al cliente. Se riconosce l’errore allora non c’è problema, perché provvede ad accreditare le somme mancanti; in caso contrario, il cliente può pensare a un ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario, in via stragiudiziale. Per farlo basta compilare il modulo apposito che si trova sul sito www.arbitrobancariofinanzario.it, avendo cura di indicare la causale del ricorso e tutti i dati del cliente. Il modulo, compilato in ogni sua parte e firmato, va inviato di persona o tramite fax, PEC o a mano alle Segreterie dell’Arbitro Bancario Finanziario che hanno sede presso la Banca d’Italia dietro pagamento di un contributo spese.
La banca ha la possibilità di inviare alla Segreteria dell’Arbitro Bancario Finanziario eventuali memorie o controdeduzioni volte a far valere le proprie ragioni, poi si apre l’istruttoria. L’Arbitro Bancario Finanziario si pronuncia con decisione motivata, dopodiché le Segreteria provvede a comunicarla entro 30 giorni alle parti. In caso in cui il ricorso del cliente sia stato accolto, viene fornito anche il termine massimo entro cui l’istituto di credito deve regolarizzare la situazione (in mancanza del termine, si considerano 30 giorni dalla comunicazione).
Le strade ulteriori, se il cliente ancora non si ritiene soddisfatto e ha fondati motivi per ritenere di essere nel giusto e di veder riconosciute le proprie ragioni, ha la possibilità di esperire il ricorso al Tribunale ordinario, dopo però il tentativo di mediazione obbligatoria.