Negli ultimi anni si sono intensificati i controlli a tappeto sui conti correnti delle persone fisiche. L’obiettivo è rappresentato dal potenziamento della lotta all’evasione fiscale che continua a rappresentare un problema concreto del tessuto economico italiano. I controlli effettuati dalle Autorità competenti in materia prendono in considerazione diversi elementi e puntano ad identificare incongruenze grazie alla possibilità di incrociare i dati di differenti database.
Un contribuente che registra transazioni nettamente superiori rispetto a quanto dichiarato in fase di Dichiarazione dei Redditi, grazie ai controlli a tappeto, finirà sotto indagine e potrebbe essere chiamato a giustificare determinate incongruenze. In questo modo, ricorrendo a diversi strumenti di analisi e verifica, l’Agenzia delle Entrate punta a ridurre progressivamente l’evasione fiscale.
Tra gli strumenti a disposizione delle Autorità c’è il Risparmiometro, un algoritmo in grado di analizzare i conti correnti di contribuenti e imprese. L’algoritmo lavora in combinazione con la Superanagrafe, un database che unisce i dati in arrivo dall’Agenzia dell’Entrate e dalla Guardia di Finanza. Ecco, quindi, tutto quello che c’è da sapere sui controlli sui conti correnti e gli strumenti utilizzati dalle Autorità per eseguirli.
I controlli da parte del Fisco sui conti correnti si sono intensificati già a partire dal mese di agosto 2019, attraverso due strumenti dei quali l’Agenzia delle Entrate può disporre: il risparmiometro e la superanagrafe.
Il risparmiometro, noto anche con il termine evasometro, è un algoritmo utilizzato per verificare una possibile discrepanza fra i risparmi presenti sul conto corrente e i redditi dichiarati allo Stato.
Sono molto ambigui i casi nei quali:
La superanagrafe, invece, è un database che contiene i dati dell’Agenzia delle Entrate e quelli della Guardia di Finanza.
Viene utilizzata dal Fisco per monitorare e identificare scostamenti molto significativi tra le entrate e le uscite di un conto corrente, resa possibile dal possesso di dati relativi:
In base a quanto predisposto dalla legge, entro il 31 marzo di ogni anno tutti gli istituti bancari, le poste e gli operatori finanziari hanno l’obbligo di comunicare all’Anagrafe Tributaria l’elenco di ogni singolo saldo e movimento bancario e postale e ogni rapporto finanziario relativo ai propri clienti.
I controlli da parte della superanagrafe vengono effettuati non solo sulle società, ma anche sui conti correnti delle persone fisiche. Se in relazione alle evasioni del 2018 erano stati recuperati 14,9 miliardi di euro, l’obiettivo che ci si prefigge quest’anno risulta ancora più ambizioso.
Entro il 31 marzo di ogni anno, il database dell’Agenzia delle Entrate si arricchisce di 1 miliardo di dati in più. I dati sono relativi a:
I dati raccolti contengono tutte le informazioni sul saldo di inizio anno, su quello di fine anno e sulle giacenze medie. Ci sono poi altre operazioni fuori conto, quali i bonifici, gli assegni, le operazioni finanziarie, le richieste di cambio valute, e le cassette di sicurezza, molto spesso utilizzate per riciclare denaro e per il nero.
Adesso le banche e gli operatori finanziari dovranno comunicare anche:
Tutti i movimenti dei contribuenti che le banche, le poste e gli istituti finanziari sono tenuti a comunicare allo stato prende il nome di anagrafe dei rapporti finanziari. Tale flusso di informazioni – il Sid, ovvero il sistema di interscambio dati - servirà per indagare sui contribuenti i cui movimenti finanziari risultino in qualche modo anomali, con maggiori accertamenti e richieste di informazioni.
Oltre ai dati relativi ai propri conti correnti, dovranno essere comunicati anche:
Tutti questi dati dovrebbero far capire se il reddito dichiarato dal singolo contribuente è in linea con quelle che sono le spese da lui sostenute. Il sistema informatico elaborato dovrebbe essere in grado di controllare tutte le entrate e le uscite, i saldi iniziali e finali di ogni contribuente, i pagamenti effettuati con bancomat o carta, i prelievi in contante, gli addebiti e gli accrediti sul conto corrente.
L’algoritmo è in grado di analizzare giacenze sia sui conti correnti che sia sui conti deposito. Vengono analizzate, inoltre, anche altre tipologie di operazioni effettuate sul conto corrente, quali versamenti o bonifici in entrata e in uscita. Nel caso in cui il sistema rilevi incongruenze, rispetto a quanto riportato nella dichiarazione dei redditi, prenderanno il via i controlli. Non si tratterà dunque di controlli casuali, ma selettivi nella misura in cui saranno create delle vere e proprie liste di contribuenti ritenuti possibili evasori.
I controlli sui contribuenti si effettuano generalmente su versamenti e bonifici: non possono essere, attualmente, richieste spiegazioni sui prelievi di contante. Per gli imprenditori, invece, la situazione cambia: l’Agenzia delle Entrate può infatti mettere in discussione e sotto la sua lente di ingrandimento qualsiasi tipologia di operazione, ovvero:
Esiste però una regola secondo la quale tutti i bonifici ricevuti e i versamenti effettuati che non sono dichiarati nella propria dichiarazione dei redditi possono essere considerati evasione fiscale.
In altre parole, se sul conto corrente di qualsiasi contribuente, a prescindere dal fatto che sia un lavoratore dipendente, un disoccupato, un pensionato o un libero professionista vengono identificati importi non presenti nella dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate ha il diritto di eseguire dei controlli, considerare le cifre una fonte di reddito e dunque procedere con la loro tassazione.
Come ci si comporta in situazioni di questo tipo, per impedire al Fisco di tassare questo genere di importi?
Nel caso in cui un contribuente venisse tassato ingiustamente per una somma individuata dal Fisco nel suo conto corrente, può difendersi dimostrando la provenienza lecita del denaro, che non deve dunque essere soggetto a tassazione.
Ci sono due motivazioni che possono essere date al Fisco:
Le due casistiche sopra riportate devono:
Nel caso in cui a un contribuente venisse contestato, in seguito a un controllo sul suo conto corrente, che i ricavi siano maggiori rispetto a quanto dichiarato, non sarà sufficiente un elenco delle singole entrate sul conto corrente, ma una giustificazione e una spiegazione relativa a tutte le movimentazioni che sono state contestate.
L’esecuzione dei controlli sui conti correnti ha un limite temporale. Tale limite è di cinque anni, che si calcolano a partire dall’anno successivo in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi.
Nel caso in cui la dichiarazione non fosse mai stata presentata, la decadenza è invece di sette anni.
Al fine di combattere l’evasione fiscale eludendo il problema relativo alla privacy dei dati dei contribuenti, il nuovo Governo applicherà la pseudonimizzazione: si tratta di una tecnica attraverso la quale è possibile avere accesso ai dati di una persona, senza dover procedere all’identificazione del soggetto da controllare, permettendo così al Fisco di effettuare gli opportuni controlli del caso.
Grazie a questo particolare sistema, soltanto nel caso in cui si dovessero rilevare comportamenti illeciti e difformità rispetto alla dichiarazione dei redditi, si potrà conoscere l’identità della persona sospettata e richiedere i chiarimenti necessari all’accertamento dei redditi.
La pseudonimizzazione permetterà dunque:
Oltre ai conti correnti, anche le carte di credito sono finite nel mirino del Fisco: in questo caso specifico, la necessità di maggiori controlli non arriva soltanto dal Governo, ma anche da parte della Commissione europea. Quest’ultima vorrebbe infatti utilizzare i dati relativi a tutti i pagamenti con carte di credito al fine di contrastare l’evasione IVA.
La misura ipotizzata da Bruxelles:
Nel caso in cui tale ipotesi dovesse essere approvata dai vertici della Commissione europea, gli operatori di carte di credito saranno tenuti a inviare gli estratti conto dei loro clienti alle singole autorità di controllo fiscale di ogni Stato membro: in Italia finirebbero dunque nel database dell’Agenzia delle Entrate. Le informazioni così a disposizione a livello fiscale potrebbero aiutare a verificare con maggiore accuratezza le transazioni legate agli acquisti elettronici, tenendo conto che:
Non tutte le transazioni finiranno però nei controlli del Fisco, ma soltanto gli estratti conto con un numero di operazioni trimestrali superiore a 25. Secondo le stime dei tecnici della Commissione europea, si dovrebbero riuscire a recuperare in questo modo 1,2 miliardi di euro di IVA evasa con le frodi relative agli acquisti online.