

Quando si deve recuperare un credito che il debitore non riesce a saldare, una delle soluzioni a disposizione è richiedere il pignoramento del conto corrente del debitore stesso. Si tratta di misura che negli ultimi anni è stata resa più semplice e immediata, per far sì che chi deve ricevere legittimamente del denaro non corra il rischio di non vederselo corrispondere, anche a fronte di una certa liquidità di chi deve pagare (e non lo fa).
Quando un debitore non salda il pagamento dovuto, e se non si è riusciti ad accordarsi per un piano di restituzione del debito (ad esempio con un rimborso rateizzato), il creditore in possesso di un titolo esecutivo può chiedere un pignoramento. Il titolo esecutivo altro non è se non un documento ufficiale che stabilisce l’esistenza del credito vantato e della sua entità. Tra i titoli esecutivi compaiono:
le sentenze di condanna (anche emesse in primo grado e appellate)
i decreti ingiuntivi, passati 40 giorni dalla loro notifica
le cambiali
gli assegni
i contratti di mutuo
gli atti pubblici stipulati davanti a un notaio aventi come oggetto il pagamento di somme di denaro
le conciliazioni firmate davanti all’Ispettorato del lavoro, a un giudice o a un organismo di mediazione
Va notato che, quindi, per il pignoramento non è sufficiente semplicemente una bolletta non pagata: ci vuole un decreto ingiuntivo, una causa con sentenza di condanna e così via, con conseguente allungamento dei tempi. Niente paura, quindi: non si rischia che dall’oggi al domani, magari per una semplice dimenticanza, qualcuno possa mettere le mani sul denaro che custodiamo all’interno del nostro conto corrente.
Chi è un possesso di un titolo esecutivo come quelli indicati sopra è quindi autorizzato a procedere nei confronti del debitore, con tre diverse forme di pignoramento possibili:
il pignoramento immobiliare
il pignoramento mobiliare
il pignoramento presso terzi.
Il pignoramento presso terzi comprende l’espropriazione delle somme dovute appunto da terzi – come banche, società finanziarie, datori da lavoro – al debitore; qui rientrano quindi il pignoramento del conto corrente, della pensione, del conto deposito, del TFR e così via.
Le modalità di pignoramento del conto corrente sono differenti a seconda che ad agire sia un soggetto privato o l’Agenzia Entrate Riscossione, che ha sostituito l’Agenzia delle Entrate.
Quando ad agire è un creditore privato in possesso di uno dei titoli esecutivi di cui si è parlato più sopra, ci sono alcune fasi da seguire:
L’atto di precetto è, in sostanza, un ultimo avviso, che intima il pagamento della somma dovuta entro 10 giorni. Il precetto ha un’efficacia massima di 90 giorni, trascorsi i quali scade e va rinotificato, se si vuole procedere con il pignoramento.
L’atto di pignoramento notificato alla banca ha una funzione ben precisa: impedire che il debitore, che dopo aver ricevuto la notifica del precetto sa che si sta per procedere al pignoramento del suo conto, possa prelevare il denaro nel conto corrente.
In caso di pignoramento da parte di privato, per prima cosa, non per forza si pignorano tutte le somme presenti sul conto corrente, ma solo quelle relative al debito, se il saldo è più elevato.
Se il creditore vanta un credito di 5mila euro e il debitore ha sul conto 20mila euro, di norma può disporre tranquillamente dei 15mila che non vengono bloccati.
Non ci sono comunque limiti minimi di importo del debito per procedere al pignoramento del conto corrente: la decisione viene infatti rimessa alla discrezione del creditore.
Il creditore però ha la facoltà di pignorare un importo pari non solo al suo credito, ma al suo credito aumentato della metà, a copertura delle spese della procedura e degli interessi.
Nel nostro esempio, quindi, il pignoramento possibile è di 7.500 euro (con disponibilità per il debitore degli altri 12.500 euro).
A questo punto, non c’è un trasferimento automatico della somma bloccata alle disponibilità del creditore. L’atto di pignoramento infatti comprende anche l’invito a presentarsi in udienza a una data prefissata, indicata sullo stesso atto (spesso qualche mese più tardi).
In mancanza di opposizioni del debitore – che può contestare il pignoramento con un’opposizione all’esecuzione, se ha prove per dimostrare che il creditore non ha titolo per pignorare, o con un’opposizione agli atti esecutivi, se ritiene che la procedura non sia stata regolare – il giudice all’udienza assegna la somma pignorata il creditore.
Nulla vieta comunque a creditore e debitore di accordarsi anche a pignoramento già iniziato.
Per lo sblocco del conto corrente, una volta che è iniziata la procedura di pignoramento, è necessario o un ordine del giudice o la rinuncia alla procedura da parte del creditore.
Regole diverse disciplinano il pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia Entrate Riscossione, come abbiamo già visto.
Infatti, l’atto di pignoramento in questo caso vale già come ordine alla banca di versare le somme pignorate all’Agente della riscossione: non c’è quindi l’udienza dal giudice come nel caso del pignoramento per privati.
Il debitore ha a disposizione 60 giorni di tempo per pagare prima che le somme vengano accreditate direttamente all’esattore.
Se il debitore richiede una rateazione del debito presso l’Agenzia Entrate Riscossione e la ottiene, per sbloccare il conto basta dimostrare di aver versato la prima rata nell’ammontare stabilito.
Una volta che le somme pignorate sono state assegnate al creditore, o anche qualora l’importo presente sul conto stesso ammonti a zero o sia comunque non sufficiente a soddisfare il creditore, il conto corrente viene sbloccato, e dal giorno successivo il debitore può tornare a disporne a piacimento.
L’eccezione è il conto corrente che fa da appoggio per l’accredito della pensione o dello stipendio: in questo caso, se il pignoramento è stato eseguito da un privato il giudice ha la facoltà di disporre l’ordine per la banca di trattenere un quinto di questi versamenti, da consegnare al creditore fino a che questi sia integralmente soddisfatto.
Se invece il pignoramento è stato eseguito da Agenzia Entrate Riscossione, la stessa Agenzia può ordinare alla banca di accreditare le somme indicate qui sopra.
Infine, se il conto corrente non ha una somma sufficiente a estinguere il debito, nel periodo che intercorre prima dell’udienza, i bonifici che vengono accreditati sul conto stesso vengono bloccati.
In questo scenario, bisogna comunque tenere conto di situazioni in cui il conto corrente non può essere pignorato del creditore, o comunque può essere pignorato soltanto entro certi limiti.
Il primo caso è quello del conto cointestato. Questo è pignorabile ma solo nei limiti della metà; quindi, se il creditore vanta un credito di 5.000 euro su un conto cointestato in cui il saldo è di 3.000 euro, può pignorarne soltanto 1.500.
I conti correnti d’appoggio per lo stipendio hanno regole particolari e non si possono “svuotare” completamente: le somme che sono qui depositate quando arriva il pignoramento, infatti, sono pignorabili solo per quella parte che eccede il triplo dell’assegno sociale (448,07 euro) ossia 1.344,21 euro.
Per le somme successive accreditate dal datore di lavoro, possono essere pignorate fino a 1/5, a meno che il creditore non sia l’Agenzia Entrate Riscossione: in questo caso il pignoramento diventa
1/10, con stipendio inferiore a 2.500 euro
1/7, con stipendio superiore a 2.500 euro ma inferiore a 5.000 euro
1/5, con stipendio superiore a 5.000 euro
Perché il conto corrente d’appoggio per lo stipendio possa godere di queste limitazioni nel pignoramento è però necessario che non vi confluiscano altri redditi.
In materia di conto corrente con il TFR, si seguono le stesse regole del conto corrente d’appoggio per lo stipendio: pignorabilità fino a 1/5 del TFR qualora il conto sia già stato pignorato prima del suo accredito, altrimenti, se già accreditato al momento dell’accredito, blocco valido per la parte eccedente 1.344,21 euro.
Infine il conto corrente con la pensione: anche qui valgono le stesse regole dello stipendio, cioè pignorabilità solo nella parte che eccede 1.344,21 euro per le somme già depositate prima dell’avvio della procedura, e pignorabilità fino al massimo 1/5 per gli emolumenti successivi (per l’Agenzia Entrate Riscossione, limite di 1/10 per le pensioni fino a 2.500 euro e 1/7 per quelle fino a 5.000 euro).
Non sono invece pignorabili i conti in rosso o quelli dove gli unici redditi sono:
la pensione di invalidità
gli assegni di accompagnamento per i disabili
la rendita di un’assicurazione sulla vita
i conti correnti affidati
Possono essere pignorati senza problemi, invece, i conti esteri, i conti PayPal, le carte di credito, le carte prepagate, i depositi di somme a nome del debitore a qualsiasi titolo.
Nel caso in cui siano stati emessi degli assegni prima del pignoramento del conto corrente, si rischia il protesto, visto che non conta la data di emissione dell’assegno ma il momento in cui questo viene incassato; se l’incasso avviene durante la procedura di pignoramento e il conto è bloccato – perlomeno per la somma necessaria a saldare l’assegno – allora l’assegno stesso sarà protestato.
Prima di essere inserito nell’elenco CAI, Centrale di Allarme Interbancaria, il debitore ha comunque a disposizione 60 giorni di tempo per pagare.
Come si è visto, il pignoramento del conto corrente è una misura che può mettere in seria difficoltà il debitore, e perciò è naturale che si cerchi di impedirlo, per prima cosa cercando di rispettare tutte le tempistiche relative agli “ultimi avvisi” di pagamento.
Il pignoramento del conto corrente può essere evitato se si porta avanti una trattativa con l’avvocato di parte, ma bisogna evitare di arrivare alla notifica del titolo esecutivo, cercando una via conciliativa prima che si proceda all’esecuzione.
Va poi ricordato che il pignoramento del conto non è che una delle possibili strade che il creditore può tentare per vedere pagato il suo credito; le altre, come si è visto, sono il pignoramento immobiliare e quello mobiliare, per cui anche qualora si riuscisse a evitare il pignoramento del conto corrente bisognerebbe comunque fare i conti con la possibilità di richiesta del pignoramento per una casa di proprietà o altri beni.
Allo stesso modo, se si apre un altro conto corrente presso un altro istituto di credito il creditore può comunque intraprendere una procedura ulteriore per bloccarlo, qualora venga a conoscenza del nuovo rapporto.
In caso di decesso del titolare del conto corrente, comunque non c’è lo sblocco del conto stesso; questo, infatti, insieme ai debiti relativi, passa direttamente agli eredi, i quali diventano destinatari dell’esecuzione forzata.