I conti correnti cointestati sono strumenti finanziari molto utilizzati soprattutto tra parenti (in particolare tra coniugi e genitori e figli), e che permettono ai vari titolari di usufruire del capitale attraverso operazioni bancarie effettuate con diversi gradi di libertà a seconda della tipologia stessa del conto. In caso di mancato pagamento di un credito, la disciplina giuridica è abbastanza complessa: vediamo quindi qui di seguito se e come avviene il pignoramento del conto corrente cointestato.
Prima di tutto va ricordato che cosa intendiamo quando parliamo di conto corrente cointestato. Si tratta di un conto corrente che viene intestato a due o più soggetti, che hanno fornito i propri documenti e hanno depositato la loro firma originale. Esistono fondamentalmente due diverse tipologie di conto corrente cointestato: il conto a firma disgiunta e il conto a firma congiunta. Il primo tipo è quello di gran lunga più diffuso, e prevede che sul conto possano operare a pieno titolo tutti i soggetti aventi pari diritti sul conto, senza la previa approvazione degli altri, almeno per le operazioni di ordinaria amministrazione. Il conto a firma congiunta, invece, richiede la presenza di tutti i cointestatari per ogni operazione, compresi il prelievo di denaro contante, l’emissione di assegni o la disposizione di bonifici. Se la firma disgiunta, quindi, è molto più comoda per operare in autonomia, la firma congiunta è la soluzione migliore per chi da un conto corrente cointestato cerca soprattutto sicurezza e vuole evitare che uno dei firmatari possa disporre del patrimonio comune senza che gli altri possano approvarne le operazioni.
Il pignoramento del conto corrente è invece una tipologia di pignoramento presso terzi, una forma di esecuzione forzata del credito inadempiuto; si tratta di un pignoramento mobiliare, visto che ha effetto sui beni mobili del debitore inadempiente (a differenza di case ed edifici di proprietà di vario tipo).
Per effettuare un pignoramento, il creditore deve avere prima di tutto un titolo esecutivo che lo giustifichi, ovvero una sentenza del giudice in suo favore, un avviso di accertamento immediatamente esecutivo, un decreto ingiuntivo o una cartella dell’agente della riscossione. Il creditore è tenuto a notificare al debitore un avviso, l’atto di precetto, con l’intimazione a pagare entro 10 giorni. Qualora il debito ancora non venga saldato, si procedere con l’atto di pignoramento vero e proprio, che in base alla disciplina descritta nell’art. 543 del codice penale, va inviato alla banca presso la quale il correntista ha il suo conto e deve comprendere:
Dopo aver ricevuto l’atto di pignoramento, la banca provede ad attuare il divieto di prelievo al debitore; sarà poi il giudice a stabilire la somma da restituire al creditore nonché le modalità per farlo; è possibile anche prevedere la chiusura del conto. Se il conto corrente è vuoto o con saldo negativo, i soldi non vengono ovviamente bloccati, ma si pignorano eventuali bonifici in arrivo; se il conto corrente ha un saldo positivo ma uguale o inferiore alla somma intimata, il conto viene bloccato, compresi i bonifici arrivo, fino all’udienza di assegnazione; se, infine, il conto corrente ha un saldo superiore alla somma intimata, il debitore ha diritto a prelevare le somme in eccesso, cioè quelle non pignorate, e può ricevere bonifici.
Se l’oggetto del tentativo di pignoramento da parte del creditore è un conto corrente cointestato, la disciplina non è la stessa. Infatti, la regola generale da tener presente è che possono essere pignorate, in un conto cointestato, solo il 50% delle somme presenti al momento del pignoramento (o analoga quota riconducibile al debitore, in caso di più cointestatari) mentre quelle rimanenti possono essere prelevate dai correntisti. Non c’è differenza se a farlo è lo stesso debitore o l’altro cointestatario del conto: questo perché nei conti correnti vige il principio della solidarietà attiva, e quindi la banca non ha la possibilità di rifiutarsi di consentire a uno dei due o più cointestari del conto, se vogliono, di disporre del conto cointestato, a prescindere che una sua quota sia da considerarsi pignorata o meno.
Le somme depositate dopo il pignoramento possono essere prelevate liberamente, senza divieto di prelievo. Inoltre, le somme da pignorare non possono superare il credito aumentato della metà.
Anche l’Agenzia delle Entrate Riscossione, l’ex Equitalia, può richiedere il pignoramento del conto corrente cointestato: in questo caso si segue in linea di massima la stessa procedura, con la differenza che l’Agenzia delle Entrate, come sempre, ha la facoltà di soddisfare il proprio credito senza nemmeno che sia stata celebrata preventivamente un’udienza di fronte al giudice dell’esecuzione.
In linea teorica, un creditore intenzionato a soddisfare il suo credito può anche fare ricorso a un doppio pignoramento sullo stesso conto corrente; in altre parole, dopo aver ottenuto, con il pignoramento del conto corrente cointestato, metà del patrimonio lì gestito, può notificare un nuovo pignoramento e prelevare così anche la metà della residua parte rimasta, eludendo di fatto la regola del 50% e prelevando un altro 50% sul rimanente (per un totale del 75% dell’intera somma presente sul conto). Attenzione perché un’operazione di questo tipo, anche se non espressamente vietata dalla legge, può dare luogo a un giudizio di abuso del diritto, con conseguente annullamento dell’operazione del creditore.
In seguito al pignoramento di un conto corrente cointestato, che opzioni rimangono ai correntisti? Entro 60 giorni è possibile richiedere la rateizzazione del debito, e se la richiesta viene accettata basterà pagare nei tempi la prima rata del piano di ammortamento per sbloccare il conto.
Va ricordato che non esistono conti correnti che possono non essere in alcun modo pignorati, anche se – oltre al contro corrente cointestato – ci sono fattispecie nell’ordinamento italiano che danno origine a un pignoramento parziale: i conti infatti dove vengono accreditati lo stipendio o la pensione non possono essere bloccati se non superano il triplo dell’ammontare dell’assegno sociale per quanto riguarda quanto depositato prima del pignoramento; dopo, per le successive mensilità, il limite è stabilito nella misura di un quinto dell’importo. Infine, anche i conti esteri (compresi quelli digitali come PayPal) possono essere pignorati, così come le carte di credito e le carte prepagate.