Solo sistemi di pagamento degli stipendi tracciabili, dal 2018 è scattato il divieto di versare lo stipendio in contanti ad una serie di lavoratori. Ecco quando è possibile pagare i dipendenti in contanti e quando è proibito per legge.
Buste paga fasulle e con importi mai percepiti dai dipendenti, si tratta di abusi subiti di frequente dai dipendenti. Fino al 2018 c’erano datori di lavoro che facevano firmare buste paga regolari ai propri sottoposti, ma senza versargli quanto dovuto.
Per mettere un freno a questa situazione e monitorare con più facilità questo genere di azioni illegali, nel 2018 nella Legge di Bilancio il Governo (l. 205 del 27 dicembre 2017) ha introdotto l’obbligo di pagare gli stipendi con metodi rintracciabili, come bonifici su conti correnti, pagamento con assegni o altre forme elettroniche. La norma è diventata effettiva dal 1° Luglio 2018 e sono quindi due anni che vige il divieto di retribuire in contanti i dipendenti.
Le sanzioni per chi non dovesse rispettare la norma sono tra i 1000 e i 5 mila euro. Ci sono anche sanzioni superiori, ad esempio, nel caso in cui si omettano o si compilino in maniera errata i dati delle operazioni transfrontaliere, la penale sarà di 1000 euro per ogni trimestre. Le sanzioni amministrative saranno ridotte della metà se si pagherà entro i primi 15 giorni.
All’art.911 viene esplicitamente indicato: “I datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato”. Nella nuova norma vengono riportati i tipi di pagamento che possono essere utilizzati:
bonifico sul conto con codice IBAN indicato dal lavoratore
strumenti elettronici
assegno consegnato al lavoratore o ad un delegato, ma deve esserci una prova dell’impedimento del dipendente
I delegati accettati per quest’ultima forma di pagamento sono da intendere come il coniuge, il convivente o un familiare, di età superiore ai 16 anni.
C’è in realtà un’unica eventualità in cui si potrà pagare in contanti, come si legge nel testo pubblicato in Gazzetta ufficiale sarà possibile fare questa operazione: “presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento”.
Con l’approvazione della Legge del 2018 le novità sono state diverse. Una delle più importanti è stata la modifica del valore della firma, con le nuove disposizione la firma apposta sulla busta paga non sarà più una prova dell’avvenuto pagamento del compenso.
Il divieto imposto non riguarda solo gli stipendi nella loro interezza, ma anche gli acconti e le cifre di modesta entità che rientrano nella retribuzione devono essere versati con metodi tracciabili. Quello che può sembrare un dettaglio è invece un punto importante di questa nuova normativa e rende impossibile pagare in contanti anche: i lavori retribuiti a giornata o a settimana (magari quelli legati all’agricoltura o alle forme di assistenza alla persona).
In pratica significa che anche la baby sitter che ha lavorato per voi per due ore dovrà ricevere il suo compenso, anche se di poche decine di euro, con bonifico, accredito su carta, assegno o una delle alternative elencate in precedenza.
Ci sono alcuni rapporti di lavoro che vengono citati in modo molto chiaro nella Legge di Bilancio 2018 e che sono interessati da questo nuovo divieto del contante.
L’articolo che stabilisce con precisione quali sono i contratti a cui può essere applicato l’obbligo di pagamento con strumenti tracciali è il 912 e afferma: “Per rapporto di lavoro, ai fini del comma 910, si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all'articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142″.
Per semplificare, ecco l’elenco dei rapporti per cui la Legge del 2018 ha reso impossibile il pagamento dello stipendio in contanti:
contratto di lavoro a tempo indeterminato
contratto di lavoro a tempo determinato
contratto a termine o part-time
contratto di lavoro a tempo parziale o part-time
contratto di apprendistato
collaborazione coordinate e continuative o co.co.co.
lavoro intermittente o accessorio o a chiamata
contratti di lavoro con soci di cooperative
lavori subordinati
Come abbiamo accennato in precedenza, le multe amministrative previste dal comma 913 della Legge di Bilancio possono essere compresa tra i 1000 euro e i 5000 euro. Anche se questi importi possono sembrare una penale importante per i datori di lavoro che non rispettano i nuovi limiti, in realtà però se rapportati alle multe previste nelle prime bozze della norma per questo tipo di trasgressioni le sanzioni sono state ridotte.
La prima versione della Legge di Bilancio aveva ipotizzato di imporre sanzioni tra i 5 mila euro e i 50 mila euro. Secondo questa stesura i datori di lavoro avevano anche diversi obblighi che sono poi decaduti con il proseguire dei lavori sul testo.
La normativa avrebbe imposto ai datori di lavori di comunicare nel modulo di Comunicazione obbligatoria unificato di lavoro (Unilav) non solo l’assunzione del collaboratore, ma anche di indicare l’istituto bancario o postale presso il quale sarà inoltrato il pagamento.
Inoltre si richiedeva che la banca o l’ufficio postale rispondessero con una dichiarazione che accertasse l’avvenuta attivazione di un canale di pagamento per il lavoratore. In questa versione della norma, la sanzione verso il datore di lavoro (pari a 500 euro) sarebbe scattata in automatico in caso di assenza di questa dichiarazione.
Le sanzioni approvate invece sono come detto quelle comprese tra 1000 euro e 5 mila euro, l’importo della penale si ridurrà di un terzo se sarà pagata entro 60 giorni dal verbale degli ispettori del lavoro. Gli ispettori dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro dovranno denunciare i casi di pagamento in contanti sia di stipendi nella loro interezza, sia di parti degli importi (acconti anche modesti). Le disposizioni dell’istituto sono state definite dalla nota n. 4538 del 22 maggio 2018.
Secondo quanto stabilito dunque restano fuori dall’obbligo di versamenti tracciabili gli stagisti e i tirocinanti. Per questi soggetti è possibile ancora versare l’indennità prevista in denaro e senza dover per forza fare un bonifico o un accredito su carta di credito.
Anche per le borse di studio e le prestazioni occasionali (riconosciute dall’art. 2222 del Codice civile) non è stato introdotto l’obbligo di Legge. I compensi che derivano quindi da queste attività potranno essere riconosciuti in contanti dai responsabili del lavoro.
Al comma 913 della Legge del 2018 si legge: “Le disposizioni di cui ai commi 910 e 911 non si applicano ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a quelli di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339, né a quelli comunque rientranti nell'ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale".
Questo significa che i dipendenti della pubblica amministrazione non sono soggetti ai nuovi obblighi e che anche le colf e le badanti possono continuare ad essere pagati anche in contanti.
Con le modifiche introdotte due anni fa la firma sulla busta paga ha perso il suo valore di prova dell’avvenuto pagamento dello stipendio. Con la normativa approvata l’unico documento valido ai fini della verifica del versamento di quanto dovuti ai dipendenti è diventata la copia del bonifico o delle altre forme tracciabili.
Se gli ispettori del lavoro fanno un controllo in azienda o in negozio, o anche a casa, si dovranno conservare le copie degli assegni o dei pagamenti fatti alla Posta o in banca in favore dei propri subordinati o delle prestazioni occasionali di cui si è usufruito.
Fatta la norma trovato l’inghippo, se prima si facevano firmare le buste paga senza consegnare effettivamente l’importo riportato nel documento. Adesso vengono denunciati casi in cui i datori di lavoro bonificano o girano assegni con le cifre pattuite e poi si fanno restituire in contanti parte di queste cifre.
Se si è soggetti a questo tipo di ricatto, perché di questo si tratta, si può denunciare il proprio capo per estorsione. In questo caso il datore di lavoro subirà un processo penale. Per poter procedere alla denuncia e riuscire ad arrivare in tribunale il lavoratore dovrà produrre le prove della illecita retribuzione e della restituzione dei compensi e depositare la propria querela.
Come riportato da “la Legge per tutti”, la Cassazione con la sentenza n. 7304/19 del 18 Febbraio 2019 ha stabilito che anche in caso di crisi aziendale l’azione di minaccia di licenziamento verso il dipendente per farsi restituire parte dello stipendio è in contrasto con la Costituzione.
Nella sentenza si dichiara: “la libertà morale delle persone offese non avrebbe potuto essere sacrificata per salvare un’attività economica tanto più ove si consideri che, da una parte, la Costituzione impone che l’attività non può svolgersi in modo da recare danno alla libertà e alla dignità umana e, dall’altra, ove davvero gli imputati non avessero avuto altra alternativa che sottopagare i dipendenti, che ben avrebbero potuto ricorrere, alla luce del sole, a tutti quegli accordi (compresa la riduzione salariale) che lo stato di crisi autorizza e legittima”.
Come accennato, la norma è entrata a tutti gli effetti in vigore dal 1° Luglio 2018 e secondo quanto previsto dal testo di Legge il Governo deve impegnarsi in campagne di informazione sia verso i dipendenti che verso i datori di lavoro coordinandosi con le associazioni sindacali e di categoria.
Riassumendo in breve quindi dal 2018 è diventato impossibile pagare in contanti dipendenti, anche se collaboratori a giornata o a progetto. I datori di lavoro devono utilizzare un metodo di pagamento tracciabile e l’unica prova accettabile dell’avvenuto versamento del compenso è una copia del bonifico, dell’assegno o dell’addebito elettronico.
In mancanza di questi elementi gli ispettori del lavoro potranno staccare una multa tra 1000 euro e 5000 euro. Se la sanzione sarà pagata entro 60 giorni la penale sarà automatica dimezzata.
Sono previsti alcuni casi particolari in cui è lecito pagare in contanti le indennità: borse di studio, stage e tirocini, compensi di colf e badanti. Anche per i dipendenti della pubblica amministrazione è previsto un esonero dalle nuove disposizioni.