La pressione fiscale italiana, secondo tutti – dalle famiglie agli esperti tributaristi – è decisamente alta, soprattutto per certe tipologie di lavoratori e imprenditori, ma com’è noto è sempre difficile approvare riforme strutturali che consentano una sua riduzione, visto che, nel frattempo, il debito pubblico continua ad aumentare.
Per questo vengono studiate volta per volta delle misure a sostegno dei contribuenti più deboli: per chi guadagna di meno, in primo luogo, ma anche per le famiglie monoreddito particolarmente numerose, per gli anziani e così via. Tra le misure più note degli ultimi anni c’è stato il cosiddetto “bonus Renzi” o “bonus 80 euro”, in quanto introdotto quando l’attuale leader di Italia Viva Matteo Renzi era Presidente del Consiglio; entrato in vigore con il decreto legge 24 aprile 2014 n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), in origine era valido da maggio fino a dicembre del 2014, poi è stato riconfermato con la Legge di Bilancio del 2015 e da lì in poi è rimasto nelle misure attive, anche se, come vedremo, con un cambiamento negli ultimi anni.
Formalmente si trattava di un taglio del cuneo fiscale, che erogava ai lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato un ammontare mensile a seconda del loro reddito: 80 euro al mese per chi guadagnava tra gli 8.000 e i 24.999 euro (8.174 euro è la soglia attuale della cosiddetta “no tax area”, ovvero la cifra al di sotto della quale non viene applicata l’IRPEF, l’imposta sui redditi), e poi a scendere fino a 0 euro dopo i 26.600 euro di reddito annuo (per fare un esempio, chi guadagnava 25.000 euro l’anno aveva diritto a un emolumento mensile pari a 64 euro, chi ne guadagnava 26.000 24 euro al mese e così via).
Il cosiddetto “bonus Renzi” è stato sostituito, con la Legge di Bilancio 2020 (il cosiddetto decreto “Cura Italia”), dal bonus Irpef da 100 euro, rappresentando un complessivo taglio del cuneo fiscale da 1.200 euro l’anno, a partire dal 1° luglio del 2021. Secondo i calcoli effettuati dal ministero, la misura riguarda oggi ben 16 milioni di lavoratori; per la precisione 15.886.398, dati dal numero di beneficiari attuali del vecchio bonus Renzi (in numero di 11.698.638) sommati ai nuovi beneficiari, ovvero tutti quelli con un reddito da lavoro dipendente tra i 26.600 euro e i 40.000 euro (altri 4.187.760 lavoratori). Nel dettaglio, la riduzione delle tasse in busta paga ha riguardato nel 2020 quasi tre milioni di dipendenti pubblici (il 54% dei quali appartenenti ai comparti sanità e scuola). Più di quattro volte tanto i beneficiari nel settore privato, che sempre per il 2020 sono stati circa 12,9 milioni, il 40% dei quali compresi nei settori delle attività manifatturiere e del commercio all’ingrosso e al dettaglio.
Come il bonus Renzi, il bonus fiscale o bonus Irpef viene erogato direttamente in busta paga, quindi lo si può vedere direttamente sul conto corrente; in sede di dichiarazione dei redditi, viene riconosciuto come bonus fiscale per i redditi fino a 27.999,99 euro ma come detrazione fiscale per i redditi tra 28.000 e 40.000 euro.
Il bonus Irpef ammonta a 100 euro per i dipendenti con un reddito inferiore ai 28.000 euro, poi decresce man mano che aumenta il reddito, fino a 40.000 euro; oltre questa soglia, infatti, non si ha più diritto a questo genere di trattamento integrativo.
L’attuale bonus Irpef per dipendenti pubblici e privati segue quindi questa tabella:
Più nel dettaglio, ecco l’ammontare del nuovo bonus Renzi 2021 per tutti i redditi, migliaio per migliaio:
Se per la maggior parte dei dipendenti italiani il bonus fiscale ha portato a un incremento della busta paga senza ulteriori necessità, per altri ci possono essere casi in cui è necessario addirittura restituire l’ex bonus Renzi 2021, così come accadeva in passato. L’erogazione del bonus, infatti, riguarda solo i contribuenti con una dichiarazione dei redditi congruente con l’ammontare ricevuto; se per caso alla fine dell’anno, per qualche motivo, il reddito sale sopra la soglia, si è costretti a restituire allo Stato in tutto o in parte quanto erogato.
Come recita la legge, il credito fiscale deve essere restituito (nella sua totalità o in parte) se si è superato il limite dei 40.000 euro annui, ma anche se ci si colloca nella fascia di reddito della no tax area, cioè con redditi inferiori agli 8.174 euro (scenario nel quale non si paga l’IRPEF, e quindi non si può avere diritto alla detrazione, proprio perché nella no tax area per definizione non c’è capienza d’imposta).
Al centro della questione c’è il fatto che il calcolo del reddito, anche se riguarda quello da lavoro dipendente, non si limita a comprendere solo questa tipologia; viene infatti analizzato tutto il reddito complessivo del lavoratore (per evitare che il bonus possa andare a contribuenti che hanno un reddito sotto i 40.000 euro ma rendite annuali cospicue derivate da altre fonti di guadagno).
È al contribuente stesso che spetta verificare se i propri redditi gli danno effettivamente diritto a percepire l’ex bonus Renzi nel 2021; solo comunicando per tempo la situazione sarà possibile bloccare l’erogazione del bonus e non trovarsi quindi a dover restituire del denaro alla fine dell’anno. Qualora invece ci si trovasse nella situazione di dover restituire del tutto o in parte il bonus fiscale, sarà possibile farlo o con un rimborso integrale attraverso una trattenuta nella busta paga del mese di dicembre dell’anno in questione (a dicembre si avrà quindi uno stipendio più “leggero” con il rimborso, tutto in una volta, del bonus indebitamente percepito); in alternativa si può sottrarre le somma da un credito d’imposta già in essere in sede di dichiarazione dei redditi, con la compensazione.
Un’ultima fattispecie di bonus da restituire è quella che riguarda chi ha effettuato errori in sede di dichiarazione dei redditi o chi è stato vittima di imprecisioni nel calcolo da parte della stessa Agenzia delle Entrate.
Qualche incertezza può derivare, per il bonus Renzi 2021, da un passato bonus, detto anche in questo caso “bonus fiscale” ma più precisamente “bonus fiscale incapienti”, un intervento una tantum voluto dal Governo Prodi II nel 2007.
Il bonus fiscale incapienti era un contributo di 150 euro destinati ai cosiddetti incapienti, ovvero i soggetti che nella dichiarazione redditi 2007, per i guadagni del 2006, avevano un’imposta netta pari a zero, sia perché il reddito non raggiungeva la soglia di assoggettabilità all’IRPEF sia nei casi in cui deduzioni e detrazioni assortite non trovavano appunto “capienza” nell’imposta lorda.