Il conto corrente di corrispondenza è una speciale tipologia di conto corrente, che si distingue dai normali conti correnti per una sua specifica caratteristica: l’istituto di credito presso il quale è aperto il conto stesso, infatti, si assume la responsabilità di svolgere in automatico per conto del cliente alcune operazioni, grazie al rapporto di mandato. Detto in altre parole, con il conto corrente di corrispondenza il cliente, ovvero mandante, obbliga in virtù del contratto la sua banca, il mandatario, a eseguire particolari operazioni, ovviamente dietro il pagamento di un costo di gestione, che viene addebitato a cadenza periodica sul conto.
Come detto, con il conto corrente di corrispondenza si sviluppa un rapporto per il quale la banca si occupa di eseguire alcune operazioni per conto e su istruzioni del titolare. Si parla sia di accrediti che di addebiti: tra gli accrediti rientrano ad esempio i versamenti in assegno o tramite contanti, gli stipendi e gli emolumenti da lavoro, i compensi, i rimborsi a proprio favore, ma anche gli incassi che derivano dalla vendita di titoli e di valute straniere, giroconti, cambiali e cedole. Per quanto riguarda invece gli addebiti, in questa classe di operazioni sono inclusi gli assegni emessi, la gestione degli acquisti tramite carte di pagamento e POS, il pagamento delle rate di mutui e finanziamenti, il versamento di rate di assicurazioni, il pagamento degli stipendi o dei compensi, l’acquisto di titoli, bonifici e giroconti in uscita.
Al momento della stipula del contratto le parti stabiliscono con la massima chiarezza quali sono le operazioni oggetto del mandato, e in base a questi accordi la banca effettua quanto richiesto con la periodicità accordata. È importante ricordare che il conto corrente di corrispondenza rientra in una specifica fattispecie giuridica: quella del contratto innominato atipico a contenuto misto. Il riferimento giuridico si trova all’interno degli articoli dal 1852 al 1857 della quinta sezione del Codice Civile.
In particolare, va ricordato che secondo l’articolo 1852 «Qualora il deposito, l'apertura di credito o altre operazioni bancarie siano regolate in conto corrente, il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva l'osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito», il che significa che comunque il correntista ha la possibilità di utilizzare liberamente e a suo piacimento il capitale disponibile in un determinato momento (si parla comunque di salvo effettivo e non saldo contabile).
Ma perché scegliere di avere – pagando di più – un conto corrente di corrispondenza? Principalmente per automatizzare tutta una serie di operazioni che, altrimenti, il titolare dovrebbe eseguire personalmente. Il target perfetto per questo genere di soluzioni è quindi chi abitualmente svolge un elevato numero di operazioni, pagamenti, transazioni, bonifici e versamenti di ogni genere, come ad esempio le aziende ma anche gli studi professionali. Con il conto corrente di corrispondenza il titolare è esonerato dall’autorizzare una per una decine di operazioni, spesso tutte uguali, con conseguente risparmio di tempo e maggiore efficienza. Questo è particolarmente importante quando il proprio conto è aperto presso una banca che opera soprattutto tramite filiale, e che quindi, per la singola autorizzazione, richiederebbe la presenza fisica ogni volta del titolare.
Va detto che il conto corrente di corrispondenza, pur avendo la speciale caratteristica del mandato, per il resto è molto simile a un conto corrente tradizionale. È quindi possibile collegarvi una carta di credito o qualsiasi altro tipo di carta di pagamento, ovviamente se si rientra nelle caratteristiche definite dalla banca per la concessione di strumenti di questo genere. Lo stesso vale anche per il libretto degli assegni.
Per tutto ciò che non riguarda la gestione automatizzata degli addebiti e degli accrediti che sono stati concordati in fase di contratto, infatti, il conto corrente di corrispondenza può essere utilizzato in piena libertà dal titolare, per prelievi, pagamenti, versamenti e così via; attenzione però che le operazioni automatizzate, se non sono tenute sotto controllo, rischiano di far andare in rosso il conto, con tutto ciò che ne consegue in termini di interessi e scoperto in base agli accordi presi con la banca.
È anzi piuttosto comune che un conto corrente di corrispondenza, proprio perché nella maggior parte dei casi viene assegnato a un’impresa, a uno studio o comunque non a un semplice privato che non gestisce una sua attività, sia associato a un fidom naturalmente dopo un’attenta valutazione da parte della banca che valuta se il cliente ha il profilo giusto, ed è quindi possibile rendere disponibile una somma di denaro a cui attingere qualora il saldo del conto fosse momentaneamente pari a zero, ad esempio per una concentrazione delle operazioni di addebito nell’arco di pochi giorni e subito prima del necessario accredito per provvedere al saldo.
Per quanto riguarda la durata del conto corrente di corrispondenza, anche in questo caso è tutto lasciato alle parti, che devono accordarsi nel contratto sul tempo durante il quale l’istituto di credito deve occuparsi di eseguire le varie operazioni. La durata può anche essere indeterminata. Allo stesso modo vanno stabilite le modalità di rescissione qualora l’utente desideri interrompere il suo rapporto con la banca o perlomeno annullare il mandato per l’esecuzione delle diverse operazioni bancarie.
Come si è detto più sopra, un conto corrente di corrispondenza non è molto dissimile da un conto corrente tradizionale, se non per l’automazione di determinate operazioni: questo significa che anche per quanto riguarda l’apertura del conto si seguono più o meno le stesse fasi esistenti per l’apertura di un conto normale, senza particolari pratiche burocratiche se non la presentazione di documenti che servono da una parte per dimostrare l’identità del correntista e dall’altra le sue attività.
L’utilizzo di un conto corrente di corrispondenza è quasi sempre utilizzabile solo dall’intestatario, anche se è possibile, tramite apposita delega, far sì che anche i propri familiari o delle persone di fiducia (come ad esempio i collaboratori dell’azienda o dello studio per i quali si lavora) possano operare sulla gestione del conto; la delega può anche riguardare l’addebito diretto di particolari forniture e bollette direttamente sul conto nei confronti di aziende fornitrici, naturalmente previa autorizzazione firmata dal correntista e messa a disposizione della banca.
Al momento dell’apertura del conto, come si è visto si decide nel dettaglio quali sono le operazioni da includere o da escludere negli automatismi del conto corrente di corrispondenza. Se le operazioni in automatico portano il saldo del conto non solo sotto lo zero, ma anche al di fuori di quanto viene messo a disposizione dall’istituto di credito con il fido senza che ci sia stata prima un accredito di liquidità sufficiente, sarà cura della banca avvertire il correntista in tempi rapidi, sollecitandolo a riportare il saldo in positivo. Se il correntista non lo farà, allora scatterà la possibilità di essere sanzionato e di dover pagare anche gli interessi di mora. Nei casi più gravi, si può arrivare all’iscrizione al CRIF – che renderà molto difficile poter ottenere un prestito o un fido in futuro, almeno non prima di aver saldato il proprio debito e aver atteso un certo numero di mesi – o al registro dei protesti.