Bolli su conto corrente: costo, quando e chi deve pagare

Aggiornato il: 16/04/2020
di Alessandro Voci
Pubblicato il: 16/04/2020

Oggi avere un conto corrente, dal punto di vista strettamente economico, non è più conveniente come qualche anno fa.

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Se è vero infatti che da un lato gli istituti di credito hanno rimosso gran parte delle spese di gestione a carico dell’utente (ma le difficili situazioni finanziarie della banche a livello mondiale hanno portato molte di esse a introdurre nuovamente canoni e commissioni), dall’altra l’interesse pari a zero o poco più corrisposto al correntista fa sì che altre spese possano provocare una vera e propria perdita. Il tutto, beninteso, soltanto per tenere il proprio denaro sul conto, senza alcun tipo di remunerazione: per questo sempre più persone si affidano a conti deposito, a linee vincolate o a investimenti a basso rischio, che anche se hanno rendimenti bassi evitano almeno di perderci.

Fra le spese che possono “pesare” sul bilancio di una famiglia che vuole avere uno strumento dove accreditare lo stipendio o la pensione, fare bonifici, collegare la propria carta di debito o di credito e insomma tutte le operazioni abitualmente affidate a un conto corrente, particolare peso ha il bollo.

L’imposta di bollo, infatti, va pagata da tutti i titolari di conto corrente: è una tassa che non dipende dal numero o dalla quantità dei movimenti effettuati, e quindi anche se non si ricevono mai accrediti o se non si effettuano bonifici e pagamenti durante il corso dell’anno solare, è sufficiente avere un conto intestato a proprio nome per essere tenuti a corrispondere la cifra dovuta, a parte specifiche eccezioni di cui diremo più avanti. Vediamo nel dettaglio come funziona questa tassa.

A che cosa si applica l’imposta di bollo

Si parla di “imposta di bollo sul conto corrente” ma in realtà questa tassa ha un’applicazione più ampia, essendo infatti relativa a:

  • estratti del conto corrente;

  • rendiconti dei libretti di risparmio;

  • comunicazioni periodiche dei prodotti finanziari (in modo proporzionale per un 1,5% l’anno);

  • rapporti tra gli enti gestori e le fondazioni bancarie.

A quanto ammonta il bollo

L’imposta di bollo ha un ammontare fisso, o meglio due diverse somme, a seconda che il titolare del conto sia una persona fisica oppure una persona giuridica, come le aziende. Non esistono altri fattori che rientrino nella determinazione dell’ammontare da pagare, quindi un piccolo conto familiare pagherà, per il bollo, esattamente la stessa cifra di un grande patrimonio da centinaia di migliaia di euro.

Il bollo è una tassa patrimoniale di importo fisso e viene pagata ogni anno. Il suo ammontare è pari a:

  • 34,20 euro all’anno per le persone fisiche

  • 100,00 euro all’anno per le aziende

La cifra – che viene trattenuta direttamente dalla banca o istituto di credito prelevandola dalla giacenza, e opportunamente rendicontata – è relativa al conto, e non al correntista; questo significa che se un utente ha più di un conto corrente dovrà pagare l’imposta di bollo per ognuno di questi. È il motivo per cui non è conveniente avere diversi conti correnti, soprattutto se ognuno di questi ospita soltanto cifre irrisorie e non ha una destinazione d’uso particolare.

Chi non paga il bollo sul conto corrente

Se, come detto, la regola è quella del pagamento obbligatorio dell’imposta di bollo per tutti i titolari di conto corrente, questo però non vale per alcune categorie e per alcune situazioni specifiche. In altre parole, non devono pagare il bollo:

  • coloro che hanno un conto corrente di riferimento con una giacenza media sotto i 5.000 euro;

  • chi ha un conto in rosso, cioè con saldo negativo;

  • chi ha soltanto un “conto base”, ovvero l’apposito strumento previsto per i pensionati e per i lavoratori con basso reddito;

  • coloro che hanno un Isee inferiore ai 7.500 euro l’anno (è necessario produrre presso il proprio istituto di credito oppure in Posta la certificazione rilasciata dall’Inps che attesti il limite dei 7.500 euro; in questo modo la banca non trattiene l’importo annuale).

  • alcune fattispecie specifiche, come i conti correnti delle pubbliche amministrazioni e gli enti senza scopo di lucro a carattere associativo costituiti da piccole e medie imprese (Confidi).

L’imposta di bollo viene suddivisa sull’anno solare a seconda del regime adottato dall’ente, quindi se, ad esempio, una persona fisica titolare di conto corrente con rendicontazione trimestrale ha avuto una giacenza media sotto i 5.000 euro per due trimestri su quattro, dovrà pagare la metà dell’imposta intera, ovvero 17,10 euro. Secondo la legge, va ricordato che «l’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato».

È da segnalare infine che il calcolo della giacenza media viene effettuato in modo cumulativo: se si hanno cioè più conti o più libretti con lo stesso istituto di credito, per far scattare l’obbligo di pagamento dell’imposta di bollo è sufficiente che la somma delle giacenze medie relative ai rapporti bancari sia superiore ai 5.000 euro, anche se presi singolarmente i conti hanno una giacenza più bassa.

Che cos’è la giacenza media, e come si calcola

Il concetto di “giacenza media” non è sempre chiaro, e quindi è possibile avere ancora domande al riguardo: se ho avuto più di 5.000 euro sul conto ma solo per un periodo limitato, ad esempio, devo pagare oppure no? La giacenza media, inoltre, è un valore che serve per diverse altre pratiche, ad esempio per la compilazione del già citato modello Isee (Indicatore della situazione economica equivalente), necessario per accedere a specifiche agevolazioni in ambito assistenziale e di sostegno al reddito.

In parole semplici, la giacenza media si può ottenere dividendo la somma dei saldi giornalieri del conto per 365, indipendentemente dal numero di giorni in cui il conto è rimasto aperto: si tratta cioè di una media giornaliera del denaro disponibile sul conto, che si può ricavare dagli estratti conto mensili.

Quasi tutti i conti correnti con piattaforma online prevedono una funzione apposita per sapere a quanto ammonta la giacenza media con un semplice click, in maniera da non avere più dubbi al riguardo. Infatti, secondo la legge 201/2011 gli istituti di credito sono obbligati a comunicare periodicamente ai correntisti dati come il saldo a inizio e a fine anno o appunto la giacenza media, oltre al numero di versamenti e di prelievi che sono stati effettuati.

Che cos’è il “conto base”

Abbiamo visto come un’altra fattispecie in cui non si deve pagare il bollo sul conto corrente è quella del cosiddetto “conto base”. Si tratta di un conto corrente gratuito istituito in seguito al decreto MEF del 20 giugno 2018, e che essendo a tutti gli effetti “a zero spese” (e questa volta davvero, senza alcun genere di costi nascosti) è riservato soltanto a determinate categorie reddituali, per impedire che su di esse gravino eccessive spese di gestione.

Nel dettaglio, è possibile avere un conto base gratuito per:

  • i pensionati con un assegno di previdenza sociale inferiore o uguale a 18.000 euro lordi all’anno;

  • chiunque presenti un modello Isee di valore inferiore a 11.600 euro.

C’è da dire che il conto base, pur essendo gratuito, non ha le stesse potenzialità e funzionalità di un conto corrente “completo”, ma ha un limite sia nella tipologia di operazioni permesse che nel loro numero. Più nel dettaglio, è possibile utilizzare il conto per le seguenti operazioni ogni anno:

  • elenco movimenti: 6

  • prelievo di contante allo sportello: 6

  • prelievo tramite ATM del prestatore di servizi di pagamento o del suo Gruppo sul territorio nazionale: illimitati

  • prelievo tramite ATM di altro prestatore di servizi di pagamento sul territorio nazionale: 12

  • operazioni di addebito diretto SEPA: illimitati

  • pagamenti ricevuti tramite bonifico SEPA (incluso accredito dello stipendio e pensione): 36

  • pagamenti ricorrenti tramite bonifico SEPA effettuati con addebito in conto: 12

  • pagamenti effettuati tramite bonifico SEPA con addebito in conto: 6

  • versamenti di contanti e versamenti di assegni: 12

  • comunicazioni da trasparenze (incluse spese postali): 1

  • invio di informativa periodica (estratti conto e documento di sintesi, incluse spese postali): 4

  • emissione, rinnovo e sostituzione della carta di debito: 1

Qualora si avesse bisogno di operazioni aggiuntive, al cliente vengono addebitate delle spese ulteriori (che però non possono avere un costo superiore a quanto viene richiesto di norma per effettuare le medesime operazioni; questo impedisce che la banca possa “rifarsi” in tal modo dei risparmi di cui beneficia il correntista).

Per richiedere e ottenere il conto base gratis è necessario autocertificare il possesso dei requisiti di reddito qui sopra indicati, e darne comunicazione alla banca ogni anno entro il 31 maggio. È possibile avere un solo conto di base gratuito, che può essere anche cointestato, ma soltanto a componenti del nucleo familiare che sono stati considerati nel calcolo dell’Isee.

Si paga l’imposta di bollo sul conto deposito?

Come detto più sopra, il conto deposito è una delle soluzioni più comode per i correntisti che vogliono avere il proprio patrimonio relativamente a portata di mano per qualsiasi esigenza ma non si rassegnano a non vederlo fruttare alcunché. A seconda del tipo di vincolo richiesto, infatti – con somme immobilizzate per 3, 6, 12, 24, 36 mesi o anche periodi superiori – si ha diritto a un tasso di interesse più alto di quello del normale conto corrente, e in più oggi è quasi sempre possibile svincolare le cifre in caso di bisogno senza pagare penali.

Ebbene, anche per il conto deposito bisogna mettere in conto il pagamento di un’imposta di bollo, ma a differenza del conto corrente in questo caso l’ammontare della cifra è proporzionale, e dipende cioè dalle giacenze nel conto.

Per la precisione, l’imposta di bollo per il conto deposito è pari al 2 per mille, ovvero lo 0,2% della somma depositata; questa cifra non ha limiti per quanto riguarda le persone fisiche, mentre ha una soglia massima di 14.000 euro per le aziende.

Essendo proporzionale, l’imposta di bollo su un conto deposito varia anche a seconda del periodo di vigenza sul deposito; in altre parole, se al 31 dicembre di un dato anno il conto deposito in questione è stato aperto solo sei mesi, l’imposta sarà pari alla metà di quanto dovuto normalmente, al 25% se solo per tre mesi e così via.

Come si può non pagare il bollo?

Per non pagare l’imposta di bollo sui conti correnti, a rigore, l’unico modo è quello di rientrare tra le categorie degli esenti ricordate più in alto. In realtà, però, ci sono diversi conti correnti che sollevano il correntista dall’incombenza del pagamento, facendosi carico a tutti gli effetti del bollo.

Si tratta quasi sempre di conti web (come ad esempio CheBanca!, che da molto offre include almeno per il primo anno di conto il pagamento dell’imposta di bollo), che in altre parole fanno uno “sconto” al proprio correntista dei 34,20 euro che dovrebbe pagare lui in prima persona.