Patrimoniale sul conto corrente: che cosa è e a quanto ammonta

Aggiornato il: 26/05/2020
di Alessandro Voci
Pubblicato il: 26/05/2020

Lo spettro della patrimoniale torna a farsi vedere quando lo Stato ha seri problemi economici e finanziari, come in seguito a una crisi (ad esempio quella del 2008 causata dai mutui subprime) o a un evento globale come la pandemia di Covid-19. Se di norma il Governo fa fronte a queste contingenze con l’indebitamento, visto l’alto livello di debito pubblico che già piaga l’Italia il rischio è quello di sforare troppo i limiti imposti dall’unione monetaria che ha adottato l’Euro; ecco perciò che si paventa la possibilità di un prelievo forzoso sui conti correnti dei cittadini, come già accadde nel 1992 con il governo Amato. Ma che cos’è una tassa patrimoniale?

conto corrente

Tasse e imposte patrimoniali: che cosa sono

La definizione di “patrimoniale” è molto semplice: si tratta di una tassa – di qualsiasi tipo – che va a gravare non sul reddito del contribuente (cioè di quanto viene guadagnato dal cittadino durante l’anno), ma sul suo patrimonio, ovvero i beni, mobili e immobili, di sua proprietà.

Anche le tasse come l’Imu, l’Imposta Municipale Propria, sono patrimoniali, in quanto nella fattispecie l’imposta si applica al possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli. In questa categoria rientrano anche le successioni e le donazioni, in determinati casi, nonché l’imposta di bollo che si paga su conto corrente e conto deposito. Non è tecnicamente una patrimoniale, invece, la tassazione del 12,5% sulle rendite finanziarie, perché colpisce la creazione di ricchezza.

In Francia esiste una patrimoniale fissa (non quindi straordinaria) con aliquota progressiva, che arriva all’1,8% per chi ha un patrimonio superiore a circa 16 milioni di euro: si chiama «impote de solidarité sur la fortune».

In casi eccezionali, la patrimoniale può prendere la forma di un prelievo forzoso dai conti correnti: in altre parole, lo Stato impone un pagamento a ogni singolo titolare di un conto corrente in una misura percentuale alla disponibilità del conto, senza che sia possibile opporsi (e con una tempistica tale da rendere inutile il tentativo di rimuovere i liquidi dal conto corrente per spostarli altrove).

Perché si pensa a una patrimoniale in Italia

L’Italia ha una ricchezza accumulata intorno ai 10.000 miliardi di euro, tra risparmi liquidi, terreni, fabbricati, investimenti, una cifra superiore al PIL di 5-6 volte. In particolare, nei conti correnti degli italiani (storicamente grandi risparmiatori, anche se gli anni di crisi hanno intaccato in maniera grave, e a volte irrimediabile, quanto accumulato nel tempo) ci sono circa 1.400 miliardi di euro.

Questi dati aiutano a capire perché, teoricamente, un’imposta patrimoniale potrebbe essere un modo efficace per “fare cassa” andando a colpire chi possiede di più, in accordo quindi col principio di progressività sancito dalla Costituzione. Non è tutto così semplice, però: non sempre un patrimonio elevato è indice di floridezza economica (pensiamo al caso, tutt’altro che inconsueto, di chi eredita immobili costosi da mantenere e molto difficili da vendere, soprattutto con l’attuale crisi immobiliare).

Un problema ancora più grave è il fatto che questo genere di imposta colpisce solo i patrimoni “emersi”, e non l’enorme sommerso del lavoro in nero e di chi si arricchisce senza pagare le tasse o dichiarare alcunché riguardo a ciò che possiede. Inoltre, sono molto comuni, tra i più ricchi, le pratiche per intestare i patrimoni a società costituite in paradisi fiscali, per pagare tasse molto esigue.

Periodicamente si sente parlare di contributi di solidarietà e imposte sul patrimonio, che nelle intenzioni avrebbero effetti redistributivi e di stimolo degli investimenti e della crescita economica. Già solo il parlare in modo concreto di una patrimoniale, oltretutto, spinge chi può a spostare i suoi averi al di fuori dei confini nazionali, deprimendo gli investimenti in Italia.

Il precedente del prelievo forzoso del 1992

L’esempio più recente, nella storia italiana, di prelievo forzoso sui conti correnti risale a quasi trent’anni fa, ovvero alla notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992, con un’operazione poi legittimata dal decreto legge n. 333 dell’11 luglio 1992, “Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica”. Il prelievo ammontò al 6 per mille sui depositi, reso appunto retroattivo al 9 luglio per evitare la fuga di capitali all’estero.

I motivi di quella drammatica decisione vanno ricercati in un anno molto difficile da più punti di vista – tra le stragi di mafia che videro gli assassinii di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, lo scandalo di Tangentopoli e, più in genere, la fine della prime Repubblica – nel quale erano stati da poco fissati i parametri di Maastricht e la lira era stata presa di mira dagli speculatori, con il rischio di uscire dallo Sme. Per restare nei parametri comunitari – anche se fu comunque necessaria la svalutazione della lira dopo il mercoledì nero del 16 settembre 1992 – il governo Amato decise il prelievo forzoso sui conti correnti, che fece parte di una maxi-manovra nella quale veniva anche abolito l’equo-canone nei contratti di locazione e l’età pensionabile alzata a 65 anni. A quei mesi risale anche la trasformazione dell’Isi in Ici (imposta immobiliare non più straordinaria) e la tassazione dei beni di lusso e del patrimonio netto delle società.

Anche Cipro ha dovuto sostenere in passato un prelievo forzoso, anche se con un meccanismo diverso, che imponeva quindi un acquisto di azioni della banca da parte di ogni singolo correntista.

C’è pericolo di una patrimoniale oggi?

Che possibilità c’è che nei prossimi mesi il Governo decida un prelievo forzoso sui conti correnti degli italiani o un altro tipo di patrimoniale per rimediare agli innegabili problemi economici sorti a causa del coronavirus? Si calcola che il Paese avrà bisogno di circa 100 miliardi di euro per finanziare l’aumento di deficit previsto per quest’anno, ma è tutto da vedere se effettivamente si tasseranno i beni dei cittadini, sia mobili che immobili.

Gli effetti di una patrimoniale, infatti, sarebbero sicuramente positivi dal punto di vista del reperimento del denaro necessario allo Stato per far fronte ai prossimi provvedimenti, ma allo stesso tempo rischierebbe di essere un boomerang con un effetto dirompente su un’economia già in stato di grave fragilità: per questo è necessario analizzare con la massima lucidità i pro e i contro di un’operazione del genere.

Va inoltre tutto rilevato che una patrimoniale – in quanto rappresentazione perfetta dello “Stato che mette le mani nelle tasche degli italiani” – sarebbe equivalente a un vero e proprio suicidio politico per un governo, che quindi comprensibilmente potrebbe attuarla solo come extrema ratio. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha comunque escluso “categoricamente” una patrimoniale a inizio maggio 2020, ma ha poi dichiarato qualche giorno più tardi, nella conferenza stampa del decreto Rilancio, che «In Italia c’è un grande risparmio privato, e sicuramente questa è una delle ragioni di forza della nostra economia. Ci sono tanti progetti, vedremo a tempo debito».

All’inizio della pandemia era stata proposta dal Pd una “Covid-Tax”, ovvero un contributo di solidarietà per il 2020 e per il 2021 a carico dei redditi superiori agli 80mila euro, secondo criteri di progressività (poche centinaia di euro per le fasce più basse, decine di migliaia di euro per i redditi superiori al milioni), per finanziare le fasce di reddito più in crisi (ad esempio i giovani lavoratori autonomi). Al momento, però, non si hanno notizie di un’effettiva volontà di implementare questa misura. Come si diceva sopra, infatti, il rischio è che intaccando i pur alti redditi di imprenditori e industriali, gli effetti sul sistema economico possano essere diversi da quelli desiderati.

Tra le possibilità di imposta patrimoniale di cui si sente parlare che non impongono il prelievo forzoso sui conti correnti c’è ad esempio l’aumento del prelievo fiscale sulle eredità, che potrebbe cambiare sia la percentuale applicata sia la soglia di esenzione dal pagamento, o la reintroduzione dell’Imu anche per la prima casa. In ogni caso, anche in caso di introduzione di un’imposta patrimoniale questa non dovrebbe riguardare le forme di previdenza complementare come le polizze vita, i piani pensionistici o altre forme di accantonamento, non essendo di immediata disponibilità del cittadino (il prelievo forzoso, a differenza di altre patrimoniali, riguarda infatti la liquidità).

Come funziona con i conti correnti esteri

Una soluzione per evitare un’eventuale patrimoniale sul proprio conto corrente potrebbe, in teoria, essere quella di avere un conto corrente estero, anche tenendo conto che oggi è molto più facile aprirne uno rispetto al passato: ad esempio, Revolut offre un conto corrente con sede (e IBAN) inglese, mentre N26 ha sede in Germania.

È sempre possibile aprire un conto corrente estero e depositare del denaro, a patto che il relativo reddito sia stato già tassato in Italia. Ma non si tratterebbe comunque di una soluzione valida contro la patrimoniale: ogni cittadino italiano infatti è tenuto a indicare nella dichiarazione dei redditi i propri valori mobiliari e immobiliari detenuti al di fuori del territorio italiano, compresi quindi i conti correnti esteri. Qualche difficoltà in più si potrebbe avere nel caso in cui il conto avesse come sede uno Stato diverso da quelli dell’Eurozona, ma rimarrebbe l’obbligo per il contribuente di dichiarare tutte le proprie attività.