Quanto si paga di commissione con il POS?

Aggiornato il: 05/07/2022
di Alessandro Voci
Pubblicato il: 05/07/2022

Il POS (che sta per “point of sale”, letteralmente “punto di vendita” in inglese) è il dispositivo chiave per quanto riguarda i pagamenti digitali, quelli cioè che non prevedono l’uso del contante. Grazie al POS, infatti, chi ha una carta di credito, una carta di debito, una carta ricaricabile può pagare in pochi secondi l’importo richiesto, senza la necessità di prelevare continuamente denaro e gestire il resto in una transazione.

Quanto costa il pos

Ma soprattutto i pagamenti digitali sono tracciabili: un aiuto essenziale contro l’evasione fiscale, visto che ogni transazione viene registrata senza che ci siano più possibilità per il commercio in nero. In più, negli ultimi tempi la diffusione dei pagamenti contactless – che non richiedono nemmeno di inserire la carta nel lettore e, per le transazioni di importo più ridotto, nemmeno di digitare il PIN – ha reso ancora più popolare questa alternativa al denaro liquido.

Per tutti questi motivi il POS, dalla sua introduzione, si è diffuso sempre di più e soprattutto i governi italiani hanno premuto per la sua adozione dai parte dei commercianti di ogni genere, fino all’introduzione dell’obbligo nel 2012, grazie al Decreto Crescita 2.0 del Governo Monti, con uno spostamento che ha reso la norma effettiva dal 2014. Solo da luglio 2022, però, sono entrate in vigore le sanzioni per chi non si dota del POS. Perché ci sono ancora resistenze in Italia? Uno dei motivi principali è il fatto che con le commissioni lato esercente, sono di fatto i negozianti e i commercianti a farsi carico del costo del sistema. Ma a quanto ammontano le commissioni con il POS? Vediamolo qui di seguito.

A che cosa servono le commissioni per il POS?

Se il contante non ha – almeno in apparenza – costi che ricadono immediatamente sull’acquirente o sul venditore (anche se in realtà la fiscalità generale finanzia la stampa del denaro), diverso è il discorso per i pagamenti elettronici. Le commissioni interbancarie, infatti, assicurano il funzionamento del circuito di pagamento, con una parte fissa che di norma si aggira intorno ai 10 centesimi e una parte variabile espressa con una percentuale dell’ammontare della transazione. A tutti gli effetti è una sorta di tassa che viene pagata per assicurare che il sistema funzioni senza intoppi.

Chi paga le commissioni per il POS?

La prima cosa che c’è da sapere è che le commissioni non possono essere fatte pagare all’acquirente: è del tutto illegale, infatti, ricaricare la transazione con le varie spese bancarie. Tocca quindi all’esercente pagare la commissione, che in media, in Italia, con gli operatori tradizionali si aggira intorno all’1% per i circuiti internazionali, mentre per quelli domestici (come ad esempio il Bancomat) la spesa scende di circa il 20%. Si tratta di dati più favorevoli di quelli del resto d’Europa, dove le commissioni sono intorno all’1,1-1,2%. Naturalmente, la presenza di una quota fissa nella commissione fa sì che il suo impatto sia più sensibile con transazioni da pochi euro: per questo motivo molti negozianti, fino all’introduzione delle sanzioni, si rifiutavano di accettare la carta come pagamento in presenza di acquisti di basso importo, ma le cose stanno per cambiare.

Va ricordato che negli ultimi anni le commissioni sono scese in maniera piuttosto significativa, anche se non sempre questo è stato comunicato in maniera adeguata agli esercenti, che in più di un caso restano scettici riguardo alla reale convenienza di far usare il POS. La percezione rimane infatti quella di un costo tutto a carico del commerciante o del negoziante, ma bisogna tenere conto dei vantaggi che anche per chi vende sono innegabili. In primo luogo, la transazione può avvenire sempre e in pochi secondi, senza che sia necessario avere il resto e, soprattutto, venendo incontro alle esigenze di chi magari non ha denaro liquido con sé: in questo caso, rifiutare il pagamento tramite POS significherebbe a tutti gli effetti perdere l’acquisto. Non ci sono poi costi legati al trasporto di contante, sono impossibili gli errori di calcolo e in genere tutto è più veloce, comprese le procedure di cassa.

Inoltre, i POS “Smart” più avanzati (come, ad esempio, quelli di Nexi) assomigliano in tutto e per tutto a dei tablet e pertanto hanno diverse altre funzionalità che possono essere sfruttate dagli esercenti: app come il registratore di cassa, la gestione dei coupon, dei turni, del magazzino e perfino la possibilità di creare un sito per l’e-commerce.

A quanto ammonta il canone mensile per il POS?

Oltre a quanto l’esercente deve pagare per le commissioni, bisogna tenere conto anche del costo di installazione e del canone mensile, visto che l’accesso tramite POS al circuito di pagamento vengono messi a disposizione dalle banche dietro il pagamento di una quota periodica. È difficile fare una stima di quanto costi un POS ogni mese, visto che dipende da diverse variabili, come il numero di transazioni mensili, e considerato anche il fatto che ogni banca ha diversi pacchetti promozionali che propone ai suoi clienti: si va da pochi euro (soprattutto se si acquista contestualmente un POS di ultima generazione) a qualche decina di euro al mese.

Satispay ha sviluppato un modello innovativo, per cui sotto i 10 euro di transazione l’esercente non paga commissioni, mentre per le transazioni superiori di qualsiasi importo, anche le più onerose, la commissione non supera i 20 centesimi. Dal canto suo SumUp applica una commissione fissa dell’1,95% del valore delle transazioni attraverso lettori di carte mobili, senza altri costi fissi e senza canoni mensili; senza quota fissa, insomma, non c’è più il disincentivo a non far utilizzare il POS per pagamenti minimi, come ad esempio quelli per un caffè. Ma ogni banca propone una sua specifica formula per commercianti ed esercenti, e l’unico modo per sapere con precisione quanto si paga di commissione con il POS è informarsi leggendo con attenzione le condizioni contrattuali. Nella tabella seguente vengono riassunti i principali costi per il POS.

Tipologia Costo
Costi una tantum Costi di installazione
Costi periodici Canone mensile
Costi per le transazioni Quota fissa indipendente dal valore della transazione; quota variabile in percentuale sul valore della transazione

Chi è obbligato a installare il POS?

Come si è visto, il POS è già obbligatorio da qualche anno, e devono dotarsi di uno di questi dispositivi, secondo la lettera della legge (DL 179/2012, poi modificato dal Decreto fiscale collegato alla Legge di bilancio 2020), «i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di pagamento, relativamente ad almeno una carta di debito e una carta di credito”. In altre parole, in questo gruppo rientrano tutti i commercianti, gli esercenti, i liberi professionisti (quindi, ad esempio, medici, artigiani, commercialisti, idraulici e così via).

Cosa rischia chi non mette il POS?

Il 30 giugno 2022 in Italia sono entrate in vigore le sanzioni per chi non permette ai propri clienti di pagare con il POS, salvo i casi di oggettiva impossibilità tecnica (ad esempio, se il terminale non ha linea e quindi il commerciante non ha . Non esiste un importo minimo al di sotto del quale il negoziante può rifiutare il pagamento elettronico; la sanzione che si paga è di 30 euro come base di partenza più il 4% del valore della transazione.