Le Regioni tirano la volata alla transizione green in Italia. Il decreto rinnovabili, firmato nei giorni scorsi dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, prevede che siano proprio le Regioni e le province autonome a individuare le aree idonee rinnovabili entro 180 giorni dalla data di pubblicazione del decreto stesso in Gazzetta Ufficiale.
Il testo finale del decreto rinnovabili, che ha ottenuto il semaforo verde dalla Conferenza Stato-Regioni lo scorso 7 giugno, accorda agli enti locali una maggior autonomia (rispetto alla bozza originaria) nell’individuazione delle aree che dovranno ospitare gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, oltre alla facoltà di stabilire nuove aree non idonee.
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Aree idonee rinnovabili: cosa prevede il decreto a giugno 2024
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DECRETO RINNOVABILI: LE DOMANDE |
DECRETO RINNOVABILI: LE RISPOSTE |
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Cosa prevede il decreto rinnovabili? |
Stabilisce i criteri per l’individuazione delle aree idonee su cui installare gli impianti green in Italia |
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A chi è spetta il compito di individuare le aree idonee rinnovabili? |
Saranno Regioni e Province autonome a mappare le aree del territorio, selezionando quelle idonee a ospitare gli impianti FER ed escludendo quelle non idonee |
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Quale novità è stata introdotta nel testo definitivo del decreto, rispetto alla bozza originaria? |
La facoltà attribuita alle Regioni di stabilire una fascia fino a un massimo di 7 chilometri di ampiezza intorno ai beni tutelati dove non si possano installare impianti |
Il decreto rinnovabili, che attende ora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, fissa i criteri per l’individuazione delle aree idonee su cui installare gli impianti green in Italia. Il provvedimento assegna a Regioni e Province autonome il compito di “mappare” tali spazi sul territorio entro una finestra temporale di 180 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento. Il decreto, inoltre, stabilisce gli obiettivi di nuova potenza rinnovabile, anno per anno, per ciascuna regione, dal 2021 al 2030 per centrare il target degli 80 gigawatt aggiuntivi di rinnovabili previsto dal PNIEC, il Piano nazionale integrato energia e clima.
Nell’individuazione delle aree idonee rinnovabili, le Regioni dovranno però tenere conto di alcuni “paletti” tra cui le esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici. Si dovranno anche privilegiare l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili.
Nel testo finale del decreto rinnovabili (a differenza della bozza originaria) c’è anche la possibilità, da parte delle Regioni, di stabilire una fascia fino a un massimo di 7 chilometri di ampiezza intorno ai beni tutelati dove non si possano installare impianti.
Infine, il decreto rinnovabili recepisce il divieto al fotovoltaico a terra sui terreni agricoli contenuto nel decreto legge di aiuti all’agricoltura e considera non idonee le superfici e le aree ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela.
Greenpeace, Legambiente e WWF, in una nota congiunta, criticano il provvedimento proprio perché “l’ultima versione del decreto, diffusa dopo l’esame in Conferenza Stato-Regioni, fondamentalmente lascia carta bianca alle Regioni nella selezione delle aree idonee, di quelle non idonee e di quelle ordinarie. Risultato: il quadro autorizzativo per le rinnovabili diventa ancor più complicato, senza una cornice di principi omogenei capaci di indirizzare la successiva attività di selezione delle aree, da effettuarsi con leggi regionali. L’esito di questo percorso saranno leggi regionali disomogenee, che complicheranno ulteriormente il quadro regolatorio per le rinnovabili, già messo a durissima prova”.