L’emendamento al Disegno Di Legge annuale per il mercato e la concorrenza (DDL Concorrenza 2025) presentato presso al nona Commissione permanente del Senato (Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione Agroalimentare) che prevede la re-introduzione delle tariffe indicizzate all’inflazione nel settore della telefonia mobile è stato ufficialmente ritirato dopo le polemiche dei giorni scorsi.
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Tariffe indicizzate: la proposta per reintrodurle nell’emendamento al DDL Concorrenza
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Tariffe indicizzate all’inflazione |
Dettagli |
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Cosa sono? |
- con queste offerte l’operatore si riserva il diritto di aumentare il canone mensile in base alla crescita dell’indice annuale dei prezzi al consumo + un coefficiente predeterminato
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Le criticità |
- in passato non era previsto un adeguamento al ribasso in caso di inflazione negativa
- nell’emendamento al DDL Concorrenza 2025 si parla della possibilità di non poter esercitare il diritto di recesso gratis
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Cosa è cambiato? |
- l’emendamento al DDL Concorrenza 2025 è stato poi ritirato a seguito delle polemiche
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I precedenti |
- TIM e WindTre hanno introdotto le tariffe indicizzate all’inflazione nel 2024, salvo poi cancellarle nello stesso anno dopo la delibera 307/23/CONS dell’AGCOM
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Nel dettaglio, nella seduta del 30 settembre 2025 della Commissione del Senato era stato presentato il testo del resoconto degli emendamenti al DDL Concorrenza e una delle principali proposte in merito al mercato della telefonia mobile era il 9.0.113 firmato dai Senatori Trevisi, Paroli e Damiani, in cui si proponeva di concedere agli operatori la possibilità di proporre tariffe indicizzate all’inflazione con percentuali aggiuntive rispetto all’effettivo costo della vita e senza la possibilità per il cliente di esercitare il diritto di recesso senza penali.
L’emendamento 9.0.113 affermava che “i contratti per adesione stipulati con gli operatori di comunicazione elettronica possono prevedere una clausola di adeguamento automatico dei prezzi, in misura corrispondente all’aumento dell’indice annuale dei prezzi al consumo, eventualmente incrementato di un coefficiente predeterminato e reso noto all’utente prima della sottoscrizione del contratto”.
Tale adeguamento in base all’inflazione non poteva essere applicato “più di una volta l’anno” con “effetto sui prezzi applicabili per i successivi 12 mesi”. Il coefficiente di maggiorazione applicato dall’operatore poi “non può essere superiore ad un valore massimo definito dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM)”.
Nel testo si chiariva che le telco erano tenute a fornire ai propri clienti “un’informativa trasparente e completa in merito all’adeguamento dei prezzi contrattualmente previsto, con almeno 2 mesi di anticipo rispetto alla data di prevista applicazione” ma anche che l’adeguamento in base all’inflazione “non costituisce modifica delle condizioni contrattuali”.
Il ritiro dell’emendamento sulle tariffe indicizzate
A quel punto è esplosa la polemica e il 28 ottobre, come riportato dall’Ansa, il senatore Dario Damiani di Forza Italia, tra i firmatari della proposta, ha annunciato di ritirare l’emendamento 9.0.113 presentato alla Commissione del Senato.
“Continuiamo a leggere attacchi pretestuosi e strumentali a un nostro emendamento alDDLConcorrenza che riguarda le tariffe telefoniche. – aveva dichiarato Damiani – Non si può far finta di non vedere che oggi, in Italia, vige la legge della giungla, con prezzi che variano, unilateralmente, da un momento all’altro. Così, da tariffe inizialmente molto basse si arriva a pagare, nel giro di pochi mesi, cifre di molto superiori”.
“Noi siamo per la regolarità e la trasparenza a tutela dei consumatori. – continuava il Senatore – Per questo abbiamo proposto delle regole chiare. A fronte delle polemiche che ne sono scaturite, abbiamo deciso di ritirare il nostro emendamento. Ma chiediamo di aprire quanto prima un tavolo di confronto per individuare le modalità migliori per regolamentare il settore delle tariffe a tutela dei cittadini”.
Nella seduta pomeridiana della Commissione del Senato è stato poi ufficialmente comunicato al Presidente il ritiro dell’emendamento 9.0.113.
La reazione delle associazioni a tutela dei consumatori e di Iliad
La pietra forse tombale sulle tariffe indicizzate ha suscitato la soddisfazione di alcune associazioni a tutela dei consumatori come Codacons e Unione Nazionale Consumatori (UNC), che nei giorni precedenti aveva criticato l’iniziativa.
In seguito è arrivata anche la risposta di Iliad alle dichiarazioni del Senatore Damiani. L’operatore low cost, da sempre ostile alle tariffe indicizzate all’inflazione, accolto l’invito del Senatore ad aprire un confronto istituzionale sulla tutela dei consumatori in merito alle offerte di telefonia mobile.
“Iliad sostiene convintamente l’invito di Forza Italia ad aprire un confronto sulla trasparenza e sulla tutela dei consumatori nel settore delle telecomunicazioni, principi che l’operatore da sempre condivide e promuove. – si legge nella nota della telco – In un settore caratterizzato da pratiche opache che minano la fiducia degli utenti, Iliad è convinta che il costante confronto tra i player di mercato e le istituzioni sia fondamentale per trovare le soluzioni volte a garantire al tempo stesso solidità agli operatori e vantaggi concreti ai cittadini”.
“Per questo, – continua la dichiarazione – Iliad accoglie con favore le parole di Forza Italia e del Senatore Damiani e auspica che si proceda quanto prima all’apertura di un tavolo istituzionale, al fine di individuare le modalità più efficaci per costruire un settore più sostenibile e realmente orientato ai consumatori”.
Tariffe indicizzate all’inflazione: i casi di TIM e WindTre
TIM ha annunciato le tariffe indicizzate all’inflazione nel novembre 2022 e sarebbero dovute rimanere in vigore fino al 3 gennaio 2024. La prima maggiorazione è stata poi applicata solo nell’aprile del 2024. L’operatore al tempo spiegava che il costo mensile delle offerte sarebbe aumentato “ogni anno in misura pari all’indice di inflazione (IPCA) rilevato dall’ISTAT, non tenendo conto di eventuali valori negativi, maggiorato di un coefficiente fisso pari a 3,5 punti percentuali”. L’aumento complessivo derivante dalla somma dell’IPCA e del coefficiente di maggiorazione non avrebbe comunque superato “il valore del 10%“.
WindTre invece per quanto riguarda le tariffe indicizzate all’inflazione si riservava il diritto di aumentare il canone mensile di un importo percentuale pari alla variazione dell’indice FOI o “comunque pari almeno al 5%”. L’operatore poi dichiarava esplicitamente nell’informativa dedicate alle tariffe indicizzate all’inflazione che “l’adeguamento non costituisce una modifica contrattuale ai sensi dell’articolo 13 delle Condizioni generali di contratto e pertanto non dà diritto al Cliente di recedere senza costi”.
L’AGCOM a seguito di una consultazione pubblica ha approvato il gennaio 2024 con la delibera n. 307/23/CONS la revisione del Regolamento recante disposizioni a tutela degli utenti finali in materia di contratti elativi alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche e chiarito che per l’attivazione delle tariffe indicizzate all’inflazione era necessario il consenso esplicito dell’utente. Ciò aveva di fatto reso nulle le modifiche contrattuali sulla base dell’indice annuale dei prezzi al consumo.
Da qui nasce la scelta di ritirare le tariffe indicizzate all’inflazione da parte di TIM nel giugno del 2024 e in seguito anche di WindTre.
In seguito comunque TIM ha presentato ricorso al TAR del Lazio, che ha annullato i commi 2, 4 e 7 dell’Articolo 8-quater della delibera 307/23/CONS dell’AGCOM mentre aveva confermato gli altri.
In ogni caso vi ricordiamo che in base alla normativa vigente gli operatori telefonici hanno diritto ad effettuare modifiche unilaterali del contratto, che molto spesso si traducono in rimodulazioni del verso l’alto del canone mensile, ma dando all’utente almeno un mese di preavviso e permettendo di esercitare il diritto di recesso senza penali entro 60 giorni dalla comunicazione della modifica. Molti operatori comunque si impegnano a non modificare le offerte nei primi 12 mesi di contratto.