La Regione Toscana vuole verificare ci sia un legame tra i casi di tumore registrati tra la popolazione, soprattutto infantile, e i campi elettromagnetici generati dalle “stazioni radiobase” che trasmettono il segnale 5G. Con la delibera firmata da Monia Monni e Simone Bezzini, rispettivamente assessori all’ambiente e alla sanità, e approvata dalla giunta regionale il 16 settembre è stato quindi stanziato un fondo da 222.720 euro per condurre uno studio di due anni sui rischi legati a questa tecnologia per la telefonia mobile.
Nel progetto si sottolinea come la comunità scientifica abbia indagato solo un numero limitato di potenziali effetti dei campi elettromagnetici sulla salute e viene riportato l’allarme lanciato dalla Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) che “aveva definito i campi elettromagnetici a radiofrequenze come possibili cancerogeni per gli effetti sui tumori della testa legati all’uso prolungato del cellulare“.
Da quel momento si è molto approfondito l’argomento ma si è sottovalutato l’effetto delle “esposizioni derivanti non dall’uso del cellulare, ma da altre sorgenti, quali le stazioni radiobase (Srb)” che “sono di natura diversa, soprattutto perché i possibili effetti non sono limitati alla testa e, come appare da studi di monitoraggio, sono di minore intensità”. Ad oggi, affermano Monni e Bezzini, “gli studi sugli effetti sulla salute dell’esposizione alle stazioni radiobase forniscono risultati contrastanti ed evidenze ancora inconcludenti“.
Va detto che al momento non ci sono comunque prove scientifiche sul fatto che il 5G sia effettivamente pericoloso per la salute. Se state cercando un’offerta 5G al giusto prezzo potete confrontare le proposte dei principali operatori con il comparatore di SOStariffe.it. Con pochi clic avrete costruito il vostro personale profilo di consumi medi, che servirà da base per selezionare le offerte più convenienti in base alle vostre reali esigenze. Potrete poi attivare la vostra preferita direttamente online cliccando sul tasto “Scopri”, che vi re-indirizzerà verso il sito dell’operatore da cui completare l’acquisto.
Rischi 5G, tutti i dettagli sul progetto della Regione Toscana
La ricerca dal titolo “Progetto campi elettromagnetici” riguarderà alcune città capoluogo di Provincia con una popolazione vicina o superiore ai 100mila abitanti. Si parla quindi di Pisa, Livorno, Lucca, Firenze, Prato e Arezzo. Arpat (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale Toscana) si occuperà di misurare l’esposizione all’inquinamento da 5G mentre Ars (Agenzia regionale di sanità) realizzerà un’indagine epidemiologica che verifichi se effettivamente ci sia una correlazione le reti di ultima generazione e i casi di tumore al testa e al sistema nervoso, leucemia, linfoma non-Hodgkin, in particolare nei bambini, e casi di aborti spontanei o altri problemi di salute che dovessero emergere come ricorrenti durante lo studio.
Nel dettaglio, Arpat realizzerà un modello matematico di analisi in base alla popolazione, impianti autorizzati e caratteristiche degli abitazioni. Lo scopo è quello di fornire un quadro preciso dell’impatto delle onde elettromagnetiche nei grandi centri urbani non solo all’estero ma anche all’interno delle case. L’agenzia si occuperà poi di misurare effettivamente i campi prodotti da operatori diversi e installerà due nuovi dosimetri, ovvero uno strumento che misura l’esposizione alle radiazioni, che si aggiungeranno ai tre già in funzione.
Nella fase successiva del progetto Ars si occuperà della sorveglianza epidemiologica nelle città in cui si registrano i livelli più alti di campo elettromagnetico sia all’esterno sia all’interno di abitazioni e scuole sulla base dei modelli elaborati da Arpat. L’analisi terrà in considerazione anche altre caratteristiche sociali e demografiche della popolazione per individuare potenziali sottogruppi esposti a un rischio più alto. “Sulla base della scarsa letteratura scientifica disponibile – si legge nel testo che accompagna la delibera regionale – si prevede di focalizzare l’attenzione sulla popolazione infantile, in quanto più suscettibile agli effetti dell’inquinamento da campi elettromagnetici“.
Il monitoraggio dei casi studio da parte di Ars servirà poi a “minimizzare le distorsioni dovute al confondimento residui“, ovvero altre situazioni che potrebbero non avere una correlazione con il 5G. L’agenzia inizierà i lavori nel 2025 e le sue conclusioni saranno pronte per l’anno successivo.
Rischi 5G, sono reali? Su questa tecnologia circolano molte fake news
Il 5G quindi fa male alla salute? Nel tempo su questa tecnologia sono circolate tantissime fake news. Si diceva, ad esempio, che fosse uno dei veicoli di contagio del Covid-19. Prima di tutto bisogna capire come funziona il 5G. Le antenne che trasmettono il segnale mobile per lo standard più recente utilizzano le bande di frequenza 700 MHz, 3600-3800 MHz e 26 GHz. Per il 4G erano invece dedicate quelle da 800 MHz e 2,6 GHz. Si potrebbe quindi pensare che a una frequenza più alta sia associata a una maggiore pericolosità ma non è così. Come sottolinea la stessa Arpa del Friuli Venezia Giulia basta pensare alla luce visibile, “anch’essa una radiazione elettromagnetica, che ha frequenze oltre 10.000 volte più elevate di quelle del 5G“.
Le emissioni di onde elettromagnetiche sono poi strettamente regolate. In Italia l’anno scorso il limite di esposizione elettromagnetico è stato alzato da 6 V/m a 15 V/m, quindi molto più basso rispetto a quello raccomandato dall’Unione Europea pari a 61 V/m.
Per quanto riguarda invece la possibile correlazione tra 5G e tumori, la Iarc ha classificato l’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenze come “possibilmente cancerogena” e l’ha quindi inserita nella classe 2B. Nella stessa categoria sono presenti anche la benzina e l’estratto di foglie di aloe vera. Questa classificazione si base sulle evidenze limitata emerse da alcuni studi che non hanno però dato sufficienti prove scientifiche di un rapporto causa effetto tra l’esposizione ai campi e il cancro. In particolare sarebbe stata individuata una possibile correlazione tra l’utilizzo di telefoni cellulari e patologie cerebrali come gliomi e neurinomi acustici.
Il problema quindi, se ci fosse, sarebbe non tanto nella rete 5G quando dall’utilizzo eccessivo degli smartphone. Arpap (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale Piemonte) afferma che “al momento non ci sono indicazioni su una maggiore nocività delle emissioni da impianti 5G rispetto a quelle provenienti da impianti per telecomunicazione già da tempo installati sul territorio“. L’agenzia poi sottolinea che “la presunta (gruppo 2B) pericolosità dei campi elettrici RF deriva non tanto dall’esposizione causata dalle antenne (tralicci), ma da quella dei dispositivi portatili (telefoni)”.
In un documento dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) dal titolo “Emissioni elettromagnetiche del 5G e rischi per la salute” a firma di Alessandro Polichetti, primo ricercatore del Centro Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni e Fisica Computazionale, si afferma invece che “i dati disponibili non fanno ipotizzare particolari problemi per la salute della popolazione connessi all’introduzione del 5G“. Tuttavia, afferma l’esperto, “è importante che l’introduzione di questa tecnologia sia affiancata da un attento monitoraggio dei livelli di esposizione (come del resto avviene già attualmente per le attuali tecnologie di telefonia mobile) e che proseguano le ricerche sui possibili effetti a lungo termine“.
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