Via libera alla presunzione bancaria allargata anche ai conti correnti di lavoratori autonomi e professionisti e non più solo ai redditi d’impresa. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione. Da settembre 2024, dunque, attenzione a prelievi e versamenti. L’Agenzia delle Entrate può controllare lista dei movimenti e saldo e, in caso di ispezione fiscale, chiedere al contribuente di giustificare alcune transazioni per accertare che non incidano sul reddito. 
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    Presunzione bancaria: quali sono le novità sui conti correnti a settembre 2024
                    
            
    
                    
            
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            PRESUNZIONE BANCARIA: LE NOVITÀ             | 
    
                        
            
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            Si applica anche ai conti correnti di lavoratori autonomi e professionisti             | 
    
                        
            
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            Lo ha stabilito la Cassazione con due ordinanze             | 
    
                        
            
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            L’Agenzia delle Entrate può controllare prelievi e versamenti sul conto per accertare se incidano sul reddito del contribuente             | 
    
                        
            
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            Tocca al contribuente dimostrare quali prelievi e versamenti non incidano sul reddito tassabile             | 
    
                
     
Si allarga il perimetro della presunzione bancaria (prevista per legge dall’articolo 32, primo comma, n. 2, Dpr n 600/1973). Come riferisce FiscoOggi, la rivista online dell’Agenzia delle Entrate, la Corte di Cassazione, con due ordinanze (numeri 21220 e 21214 del 30 luglio 2024) torna sul tema e riafferma la piena applicabilità della “presunzione legale bancaria attinente ai versamenti su conto corrente, non solo ai redditi d’impresa ma anche a quelli di lavoro autonomo”.
Sulla base dell’articolo 32 sopra citato la presunzione bancaria è duplice: 
- si possono eseguire accertamenti sui versamenti, se il contribuente non ne dimostri che li abbia considerati ai fini della determinazione del reddito soggetto a imposta o che non abbiano avuto rilevanza allo stesso fine; 
 
- si possono effettuare verifiche sui prelievi, che sono considerati ricavi, se il contribuente stesso non ne indica il soggetto beneficiario e se non risultano dalle scritture contabili.
 
Sulla questione si era già espressa nel 2014 la Corte Costituzionale con una sentenza ad hoc. In sostanza, la non applicabilità della presunzione ai compensi di lavoro autonomo è limitata ai soli prelievi e anche ai versamenti. Perché il prelievo dal conto corrente “sarebbe un fatto oggettivamente estraneo all’attività di produzione del reddito professionale, idoneo a costituire un mero indice generale di spesa”.
Nonostante tali fondamenta giuridiche, alcune giudici hanno ritenuto che “l’illegittimità costituzionale della norma in esame fosse riferibile sia ai versamenti che ai prelevamenti, sulla base dell’assunto che nella formulazione attualmente in vigore non sia più presente il termine compensi”. E proprio facendo leva su questa assenza, un contribuente ha fatto ricorso in Cassazione, ritenendo che sussistesse la totale illegittimità degli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, la quale aveva passato sotto la lente d’ingrandimento il suo conto corrente.
Dal canto suo, la Corte Suprema ha confermato che “nulla è mutato in merito alla presunzione legale bancaria” e che: 
- i versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo debbano essere posti alla base della quantificazione del reddito; 
 
- diversamente, tocca al contribuente fornire prova contraria.
 
Per la Cassazione, questo convincimento trae origine dal primo comma dell’articolo 32, che utilizza il termine “reddito”, mentre quando tratta i prelievi usa “ricavi/compensi”, cosicché la cancellazione della parola “compensi” non può che riguardare la sola presunzione sui prelievi.
Per la Corte Suprema resta ferma, anche per quanto riguarda i compensi, la facoltà da parte dell’Agenzia tributaria di utilizzare i prelievi, “non riconducibili a alcun beneficiario o non registrati nelle scritture contabili, ai fini di dimostrare l’inattendibilità delle scritture medesime o anche quale elemento indiziario valido al fine di corroborare presunzioni semplici, comprovanti l’utilizzo da parte del libero professionista delle somme prelevate per acquisti inerenti alla produzione del reddito“.