Valutare l’estensione del divieto dei “blocchi geografici” alle norme servizi streaming: è ciò che la Corte dei conti europea suggerisce alla Commissione UE di fare, attraverso la realizzazione di uno studio che tenga conto di benefici, sfide e potenziali rischi.
La raccomandazione è contenuta nelle pagine finali della relazione che il Tribunale contabile dell’UE ha appena predisposto e che traccia un bilancio dell’attuazione del regolamento UE sul fenomeno dei “blocchi geografici” (o geo-blocking in inglese). In vigore dal 2018, questa normativa vieta i blocchi geografici ingiustificati dentro l’Unione europea, ovvero la pratica per cui si impedisce l’accesso a siti internet o applicazioni in base all’ubicazione geografica degli utenti.
Nel paragrafo che segue illustriamo nel dettaglio cosa preveda il regolamento UE sul geo-blocking e perché la Corte dei conti europea ne incoraggi un’estensione al segmento dell’audiovisivo e delle piattaforme streaming e on demand, rimasto finora escluso dalla sua applicazione. Prima, però, ricordiamo che se vuoi sottoscrivere offerte pay TV convenienti puoi affidarti al comparatore di SOStariffe.it, accessibile cliccando al link qui sotto:
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Norme servizi streaming e geo-blocking: cosa sapere a febbraio 2025
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LE DOMANDE |
LE RISPOSTE |
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Che cosa si intende per geo-blocking? |
È la pratica che blocca o limita l’accesso a un sito o a un’applicazione in base alla posizione geografica dell’utente |
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Che cosa prevede il regolamento UE sul geo-blocking? |
Vieta i blocchi geografici ingiustificati nel commercio elettronico nei 27 Stati membri |
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Da quando è in vigore questa normativa UE |
Dal 3/12/2018 |
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Perché ora si torna a parlare di questo provvedimento? |
Perché la Corte dei conti europea ha messo a punto una speciale relazione che traccia un bilancio sull’applicazione del regolamento |
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Qual è la raccomandazione in tema di norme servizi streaming? |
Il Tribunale contabile invita la Commissione UE a valutare un’estensione del regolamento sui blocchi geografici anche al comparto dell’audiovisivo, incluse le piattaforme in streaming |
La normativa europea sul geo-blocking, entrata in vigore il 3 dicembre 2018, è una delle strategie messe in campo dall’UE per promuovere il “mercato unico digitale”, abbattere le barriere che bloccano l’attività online attraverso le frontiere e aiutare le imprese a vendere beni e servizi ovunque in Europa.
Il geo-blocking si verifica quando, ad esempio, i commercianti che operano in uno Stato membro dell’UE bloccano o limitano l’accesso alle loro interfacce online (come siti web e app) da parte di clienti di altri Stati membri, o quando le condizioni per ottenere beni e servizi dipendono dalla posizione geografica del cliente.
Proprio per evitare questa discriminazione dei consumatori online nei 27 Paesi dell’Unione europea, il regolamento UE ha introdotto il divieto dei blocchi geografici ingiustificati. Tuttavia, a sette anni dall’adozione della normativa, la Corte dei conti europea non ha dubbi: il geo-blocking “rimane un problema” e il regolamento “si scontra ancora con problemi pratici negli Stati membri”.
“Il geo-blocking limita le opportunità e le scelte dei consumatori, causando molta insoddisfazione da parte dei clienti e aumentando gli ostacoli al libero scambio di beni e servizi nel mercato unico digitale dell’UE”, ha dichiarato Ildikó Gáll-Pelcz, membro dell’organismo europeo con sede a Lussemburgo che si è occupato della relazione: “Le norme dell’UE sono in vigore per impedire questa pratica, ma abbiamo riscontrato carenze quando si tratta di attuazione pratica”.
Norme servizi streaming: divieto di geo-blocco all’orizzonte?
Al momento della sua adozione, nel 2018, il regolamento europeo sul geo-blocking escludeva dal divieto alcuni segmenti di mercato chiave ritenuti però “problematici”, come i servizi audiovisivi (ad esempio i servizi di distribuzione di film, le piattaforme on-demand e i servizi radiotelevisivi). Infatti, per quanto riguarda l’audiovisivo, l’ostacolo principale è legato ai diritti televisivi e agli accordi di distribuzione.
Ora, invece, anche in vista dell’imminente revisione del regolamento, il Tribunale contabile dell’UE ritiene sia il momento opportuno per “analizzare i pro e i contro di una potenziale estensione” del divieto dei blocchi geografici anche agli ambiti finora esclusi dal suo raggio d’azione, a partire dalle norme servizi streaming.
L’obiettivo è quello di “verificare se sia più sensato estendere l’ambito di applicazione del regolamento sul geoblocking o se non sia meglio modificare altri regolamenti settoriali pertinenti”, si legge nella raccomandazione finale della relazione.