I due approcci alla fibra
Si fa presto a dire FTTH, ma la “vera” fibra ottica in Italia è un miraggio ancora per moltissimi. Breve riassunto: con FTTC si indica la fibra “Fiber to the cabinet”, che cioè arriva all’armadio stradale dal quale – con la vecchia rete telefonica in rame – entra nelle nostre case; FTTH, Fiber to the Home, è invece la fibra ottica pura, quella che arriva direttamente a domicilio e che quindi richiede una serie di lavori più invasivi.
È facile capire come la prima soluzione sia più economica (per gli operatori e, quindi, per i clienti) e più veloce nella posa, ma vada incontro all’effetto “collo di bottiglia” della vecchia rete in rame. Insomma, si sacrificano velocità, latenza e stabilità in nome di una capillarità superiore.
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I problemi delle case e l’ultimo metro
L’”ultimo metro”, quello che ancora separa le nostre connessioni dal pieno sfruttamento delle potenzialità della fibra, è quindi un ostacolo che di governo in governo non è mai stato davvero risolto. La rete italiana è vecchia, e la situazione è ancora più complessa quando si prende in considerazione l’età media degli edifici, dove non è facile intervenire: gli spazi di installazione infatti non ci sono, a differenza degli edifici moderni già previsti per la connessione cablata.
Si tratta quindi dell’unione tra un problema inevitabile – quello legato alla conformazione e alla strutture delle nostre città – e uno che si scontra con la scarsa propensione delle istituzioni a risolvere la complicata situazione; e quando l’intenzione c’è, implementare non è per nulla facile.
Il tentativo fatto negli ultimi anni con Open Fiber prevedeva infatti anche modifiche al Testo Unico dell’Edilizia, con l’obbligo di dotare i nuovi edifici in costruzione con un’adeguata infrastruttura fisica multiservizio, apposta per la fibra ottica FTTH. Il provvedimento, però, ha fatto nascere non pochi dubbi interpretativi, con il consueto corollario di ricorsi e contenziosi. Uno dei problemi, infatti, è relativo anche al fatto che con questi obblighi si scarica a tutti gli effetti sul cittadino l’onere dell’infrastruttura, e ne nasce un rapporto piuttosto complicato con gli operatori che poi dovrebbero sfruttarla per portare il servizio.