Differenze tra IMU e TASI: la guida per non sbagliare 

Spesso confuse, anche a causa di una normativa che cambia spesso, l’Imu e la Tasi sono in realtà due imposte diverse, anche se con molti punti in comune (ad esempio la base imponibile, ovvero gli immobili). Alla base di questa differenza c’è la destinazione della tassazione: l’Imu, infatti, è la classica tassa sulla casa, mentre la Tasi riguarda i servizi indivisibili. Vediamo più nel dettaglio di che cosa si tratta.

Differenze tra IMU e TASI: la guida per non sbagliare 

Come funziona l’Imu

L’Imu, ovvero Imposta Municipale Unica o Imoposta Municipale Propria, è un’imposta diretta di tipo patrimoniale che viene applicata sulla componente immobiliare del patrimonio, ovvero la casa. Ha sostituito la vecchia ICI ed è stata introdotta nel 2011.

A pagare l’Imu sono – a differenza della Tari, come vedremo – soltanto coloro che possiedono un immobile a titolo di proprietà, in usufrutto o in comodato d’uso (non, quindi, gli inquilini), tenendo però presente che non tutti i proprietari sono comunque tenuti al pagamento dell’imposta. In particolare, non si paga l’Imu: 

  • sulla prima casa, a meno che questa non appartenga alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che definiscono le abitazioni signorili, le ville e i castelli
  • su unità immobiliari che appartengono a una cooperativa sociale a proprietà indivisa, ma solo se tale proprietà è stata adibita ad abitazione principale dei soci
  • sugli immobili di proprietà del personale di Forze armate, Polizia, militari, Vigili del fuoco e personale con carriera prefettizia, per il quale non è richiesta la dimora abituale e della residenza anagrafica come condizione
  • sui fabbricati destinati ad alloggio sociale
  • sugli immobili destinati a uno dei coniugi in seguito a separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio
  • sulle unità immobiliari (al massimo una) ad uso abitativo all’estero rientrante nelle categorie da A1 ad A9 purché il proprietario sia iscritto all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero), sia titolare di una pensione nel Paese di residenza e non abbia affittato o concesso in comodato d’uso l’immobile

Questa lista non esclude però ulteriori integrazioni relative a specifiche decisioni dei Comuni (ad esempio per le case in comodato concesse a parenti entro il primo grado e così via).

Come si calcola l’Imu

A quanto ammonta l’Imu? Per conoscere la base imponibile è necessario prima di tutto conoscere la categoria catastale dell’immobile o del terreno agricolo di proprietà, perché la base si ricava rivalutando di una certe percentuale la rendita (5% per la catastale o 25% per la dominicale) e moltiplicando il valore così ottenuto per i vari coefficienti o moltiplicatori Imu esistenti. Più nel dettaglio, i coefficienti sono i seguenti:

  • 160 per i fabbricati del gruppo A, tranne l’A/10, e delle categorie C/2, C/6, C/7
  • 140 per i fabbricati del gruppo B e delle categorie C/3, C/4 e C/5
  • 80 per i fabbricati delle categorie A/10 e D/5
  • 65 per i fabbricati del gruppo D, tranne il D/5
  • 55 per i fabbricati della categoria C/1
  • 110 per i terreni di coltivatori diretti e imprenditori professionali iscritti alla previdenza agricola
  • 130 per tutti gli altri terreni

Una volta ottenuta con questo calcolo la base imponibile, le aliquote che vanno applicate sono due, e cambiano di Comune in Comune; la prima è l’aliquota variabile (quella per la seconda casa e altri tipi di proprietà), fissata allo 0,76% ma con possibilità per i Comuni di modificarla al rialzo o al ribasso; la seconda è l’aliquota ordinaria (quella per le prime case di lusso e pertinenze relative), allo 0,4% ma anche questa modificabile.

Per quanto riguarda le scadenze dell’Imu, queste sono il 16 giugno per la prima rata (quando si versa il 50% dell’imposta dovuta) e il 16 dicembre per il resto (quando si salda l’imposta con il conguaglio sulla prima rata). L’Imu può essere pagata con un modello F24, anche online utilizzando il proprio conto corrente.
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Che cos’è e come funziona la Tasi

La Tasi, invece, o Tassa sui Servizi Indivisibili (da non confondere con la Tari o tassa sui rifiuti) è un’imposta comunale che fa contribuire il cittadino a tutti i servizi di cui gode come l’illuminazione, la pulizia delle strade, la cura del verde e così via. In questo caso, la disciplina può cambiare e coinvolgere anche gli inquilini che non sono proprietari ma in affitto. Ma andiamo con ordine.

Per prima cosa, è tenuto al pagamento della Tasi che possiede immobili come:

  • una prima casa di lusso (che rientri cioè tra le categorie catastali A/1, oppure A/8 o ancora A/9, come detto rispettivamente abitazione di tipo signorile, villa e castello o palazzo di valore artistico e storico)
  • una seconda casa
  • un negozio o un ufficio
  • un immobile d’impresa
  • un fabbricato rurale da uso strumentale

In secondo luogo, non deve pagare la Tasi chi possiede un immobile che però è adibito ad abitazione principale (cioè quello in cui vive in pianta stabile). Sono esenti anche le pertinenze (ma al massimo una per categoria) di detta abitazione principale che fanno parte delle categorie C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (stalle, scuderie, rimesse o autorimesse senza scopo di lucro), C/7 (tettoie chiuse o aperte). Infine, non deve pagare la Tasi (che quindi spetta tutta al proprietario) l’inquilino in affitto in abitazione principale.

Chi non paga la Tasi

Più nel dettaglio, se l’unità immobiliare che viene locata non è adibita ad abitazione principale (e quindi non rientra nell’agevolazione TASI affittuari), la Tasi è dovuta sia dal proprietario dell’immobile che dall’affittuario, in percentuali diverse. Chi loca dovrà infatti pagare un ammontare che varia dal 10% al 30% dell’ammontare complessivo (la misura viene stabilita dal Comune), mentre il resto spetta al proprietario.

Ci sono anche altri soggetti che non sono tenuti al pagamento della Tasi anche se l’immobile in questione non è adibito ad abitazione principale, perché si tratta di fattispecie assimilate. Più nel dettaglio, non pagano la Tasi:

  • i soci che hanno la proprietà indivisa di un immobile di proprietà di una cooperativa edilizia
  • gli alloggi sociali
  • le case assegnate a uno dei coniugi per effetto di una sentenza di separazione legale, di annullamento, di scioglimento o di cessazione per altri motivi degli effetti civili di un matrimonio
  • gli immobili unici che figurano presso il catasto in qualità di unica unità immobiliare di proprietà di appartenenti a Forze armate, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del fuoco o persone con carriera prefettizia che non sono tenuti ad avere dimora abituale o residenza anagrafica
  • immobile unico ad uso abitativo più le pertinenze di anziani o disabili residenti in modo permanente in una casa di cura, purché la casa non sia stata affittata
  • immobile unico iscritto al catasto tra le categorie A/1 ed A/9 di proprietà di cittadini italiani residenti all’estero con requisiti specifici (l’iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero o Aire, la titolarità di una pensione nella nazione di residenza, la proprietà o l’usufrutto dell’immobile in Italia, la non presenza di un affitto o di una concessione in comodato d’uso dell’immobile con le relative pertinenze)

Da segnalare anche che chi ha una casa in locazione ha diritto a una riduzione sulla Tasi del 75%, a patto che l’immobile sia affittato a studenti universitari, sia dato in locazione con contratto 3+2 agevolato o, ancora, sia dato in affitto con un contratto a uso transitorio con una durata da 1 a 18 mesi.

Come funziona la Tasi in caso di comodato gratuito

Se si opta invece per il comodato gratuito della propria casa per genitori o figli, la riduzione della Tasi è del 50%. Attenzione però, perché è necessario che il contratto di comodato d’uso non sia tacito ma venga registrato presso l’Agenzia delle Entrate, che il proprietario abbia un solo immobile in Italia, che il proprietario abbia la sua dimora abituale nello stesso Comune in cui si trova l’immobile dato in comodato e, infine, che il il proprietario non possieda nello stesso Comune un’abitazione di categoria catastale A/1, A/8 o A/9.

La Tasi viene ridotta con aliquote stabilite dal Comune di pertinenza anche nel caso in cui l’immobile sia una casa destinata alla vendita e non affittata.

Il calcolo della Tasi

Come per l’Imu, anche per la Tasi spetta al comune fissare l’aliquota Tasi da far pagare ai cittadini, partendo da una base dello 0,1%. Il calcolo dell’imposta è vincolato alla rendita catastale dell’immobile, con l’aliquota che va applicata sulla rendita rivalutata del 5% e moltiplicata per il coefficiente della categoria catastale. I coefficienti sono i seguenti:

  • 160 per gli immobili delle categorie da A/1 ad A/11, esclusi gli A/10
  • 80 per gli immobili della categoria A/10
  • 140 per gli immobili delle categorie che vanno da B/1 fino a B/8
  • 55 per gli immobili della categoria C/1
  • 160 per gli immobili delle categorie C/2, C/6 e C/7
  • 150 per gli immobili delle categoria C/3, C/4 e C/5
  • 65 per gli immobili delle categorie che vanno da D/1 a D/10, con l’esclusione dei D/5
  • 80 per gli immobili della categoria D/5

Infine, le scadenze: la Tasi va pagata o in un’unica soluzione o, come l’Imu, in due rate, un acconto e il saldo a conguaglio. Entro il 16 giugno bisogna versare o l’acconto o la Tasi in un’unica soluzione, mentre il 16 dicembre c’è la scadenza del saldo per chi sceglie le due rate. Per pagare la Tasi è necessario utilizzare il classico modello F24 oppure il bollettino postale.