Come si legge la busta paga?

Aliquote IRPEF, detrazioni, imposte, tra somme e sottrazioni capire cosa ci sia scritto sulla vostra prima busta paga può essere un incubo. Una breve guida per leggere la busta paga, non impazzire e sapere quanto avrete alla fine sul conto corrente.

Come si legge la busta paga?

Il 27 del mese si avvicina e per molti lavoratori questa data significa busta paga. Non per sfatare un mito ma questa frase fatta è un luogo comune. Non c’è infatti una scadenza fissa per ricevere la busta paga, questo è una favola da sfatare. La data dipende dal contratto, secondo alcuni contratti il datore di lavoro deve provvedere a far accreditare lo stipendio al dipendente/lavoratore entro il decimo giorno del mese successivo a quello lavorato. Alcuni contratti invece stabiliscono che il pagamento debba arrivare effettivamente entro il 27 del mese lavorato. Altri ancora individuano come termine dell’accredito sul conto corrente il 5 del mese successivo.

Chiamarla ancora busta paga dà l’idea di qualcosa di concreto, di fisico, anche se già da qualche anno si fa strada la versione elettronica di quella che un tempo non era altro che una vera e propria busta che conteneva i soldi destinati ai lavoratori. Poi si è trasformata in una lettera riepilogativa di quanto versato dal datore di lavoro sul conto corrente del dipendente e adesso è un’immagine elettronica.

In terzo luogo, non si chiama busta paga bensì prospetto paga. Non ci credete ecco cosa dice la legge 4 del 5 gennaio 1953: “È fatto obbligo ai datori di lavoro di consegnare, all’atto della corresponsione della retribuzione, ai lavoratori dipendenti, con esclusione dei dirigenti, un prospetto di paga in cui devono essere indicati il nome, cognome e qualifica professionale del lavoratore, il periodo cui la retribuzione si riferisce, gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che, comunque, compongono detta retribuzione, nonché, distintamente, le singole trattenute”.

Dividiamo la busta paga in tre parti

Questa guida fa al caso vostro sia che siate al primo impiego, dopo aver esservi barcamenati nella scelta del  miglior conto corrente e vi troviate con la prima busta paga in mano, sia se dopo 20 anni di lavoro vogliate capire meglio come viene calcolata la retribuzione netta. Ma voi avete idea di come si legga questo documento e da quali voci sia composto? Netto, lordo, ferie maturate, bonus, tasse, le voci presenti sono numerose e non tutte chiarissime.

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Per rendere più semplice questa operazione è il caso di scomporre mentalmente la struttura del documento. Prendete l’ultima busta paga e separatela in tre parti. Noterete che la prima parte contiene le informazioni sul lavoratore. Nella seconda parte vedrete una sfilza di numeri, è la sezione più complicata e ricca di voci che vanno a comporre la retribuzione effettiva del lavoratore. Infine, la terza parte che è quella dedicata alle tasse e alle trattenute fiscali (IRPEF), al versamento dei contributi previdenziali e che specifica i dati del trattamento di fine rapporto (TFR).

Immaginatela come un riassunto del rapporto tra tre individui: lo Stato, l’azienda e il lavoratore. Nella prima parte ognuno si presenta all’altro, nella seconda si calcola quanto spetta al lavoratore, nell’ultima si sottrae quanto il lavoratore deve allo Stato come cittadino e come futuro pensionato. Diciamo che grosso modo la busta paga è questo.

Analizziamo meglio parte per parte il documento. L’intestazione della busta paga è costituita dai dati di azienda e lavoratore:

  • Nome azienda, posizione Inps Azienda
  • Mese retribuzione
  • Codice dipendente, Matricola, Nome e cognome
  • Data assunzione e di fine rapporto
  • Codice fiscale, Codice Inps, posizione INAIL
  • Qualifica, sede di lavoro, tipo di contratto, qualifica, mansione

La retribuzione di base

La parte centrale inizia da qui e in questa sezione come dicevamo che appaiono i numeri, a partire dagli elementi fissi della retribuzione come la Paga Base, gli scatti di anzianità, l’EDR. Ed ecco la prima sigla di difficile comprensione, l’EDR. Questo acronimo fa parte delle voci retributive. Se sciogliamo la sigla letteralmente stiamo parlando dell’Elemento distinto della retribuzione e questa cifra incide sulla retribuzione fissa mensile. In particolare, l’EDR corrisponde a 10,33 euro al mese, versati per 13 mensilità. Questa cifra spetta da contratto a tutti i lavoratori del settore privato ed è stata istituita nel 1992 con un Protocollo d’Intesa per compensare l’abolizione dell’indennità di contingenza. Quest’indennità per i più giovani è una illustre sconosciuta, non viene aggiornata dal 2001 e non era altro che un fattore di adeguamento salariale al costo della vita.

La paga base viene calcolata sulle tabelle dei Contratti nazionali del Lavoro e varia in base alla categoria, alla qualifica e agli scatti di anzianità accumulati dal lavoratore. Questa cifra quindi può cambiare solo se si viene promossi, quindi se si sale di livello, o se viene operato un rinnovo contrattuale.

Tutte le informazioni viste sin qui sono quelle che consentono di calcolare la retribuzione minima spettante al lavoratore basandosi sul lavoro, mansione, anzianità, ecc.

La seconda parte della busta paga poi aggiunge a questa retribuzione tutta una serie di altri elementi che adesso andiamo a vedere. Questa parte centrale della busta paga è come un termometro delle prestazioni mensili del lavoratore. Ci sono i conteggi delle ore, gli eventuali premi, gli straordinari accumulati e poi ci sono le varie indennità. Con indennità si intendono tante delle voci presenti in questa sezione: dalle ferie non godute ai giorni di malattia, l’eventuale maternità, ci sono i permessi e le festività, le trasferte o le indennità di trasferimento, i premi produttività, i buoni mensa. E in questa sezione a fine anno vengono anche inseriti i dati dei versamenti di tredicesima ed eventualmente della quattordicesima.

Le detrazioni e le imposte

La parte finale è dedicata ai dati previdenziali, alla fiscalità e al Trattamento di fine rapporto (TRF). Per quanto riguarda le colonne di dati riservate alla previdenza sociale c’è il computo delle ritenute. Le trattenute per le spese di previdenza sono quelle relative a Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS) e Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (INAIL), cioè ai costi per la pensione e per l’invalidità del lavoratore. I contributi destinati alla Cassa di previdenza sociale, come quelli spettanti per l’INAIL variano in base al tipo di lavoro e ai rischi che il lavoratore corre svolgendo le proprie mansioni.

Per sapere quanto pagate di previdenza dovreste conoscere innanzitutto la vostra aliquota previdenziale. Essa varia in base al contratto del lavoratore e dalla dimensione dell’azienda. In secondo luogo, dovreste sapere cos’è l’imponibile previdenziale, si tratta della parte del vostro reddito su cui vengono calcolati i contributi INPS. I contributi pensionistici dei lavoratori non vengono quantificati sul reddito complessivo. Ad esempio, su un RAL di 30 mila euro in genere si pagano i contributi su 26 mila euro, perché ci sono una serie di competenze (come gli assegni familiari o la malattia) che vengono corrisposte direttamente dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.

Adesso dovrebbe essere più semplice affrontare un’altra voce della busta paga: le ritenute fiscali. Queste vengono calcolate con il sistema di aliquote IRPEF basato sul reddito del lavoratore. Si tratta di un’imposta sul reddito per le persone fisiche ed è graduale, nel caso specifico più si guadagna più alta sarà la percentuale di imposta.

Ecco gli scaglioni IRPEF 2019:

  • Per chi ha un reddito imponibile fino a 15 mila euro aliquota al 23%
  • Da 15 mila a 28 mila euro aliquota al 27%
  • Da 28 mila a 55 mila euro aliquota al 38%
  • Superiore ai 55 mila e fino a 75 mila euro aliquota al 41%
  • Per chi supera i 75 mila euro di reddito aliquota al 43%

Nella busta paga troverete sia l’imposta lorda che quella netta. La prima si calcola applicando le suddette aliquote al proprio imponibile netto. L’IRPEF netta invece è frutto di una sottrazione, nello specifico si ottiene sottraendo dall’imposta lorda le detrazioni d’imposta. Cosa sono? Si tratta di spese sostenute dal contribuente, devono poter essere verificate tramite idonea documentazione che il lavoratore deve conservare secondo quanto previsto dall’art.43 del D.p.r.600/1973.

Quali lavoratori hanno diritto alle detrazioni d’imposta?

Ecco chi ha diritto a queste detrazioni. Tutti i lavoratori che abbiano un contratto di lavoro subordinato, a prescindere che sia indeterminato, a progetto o una collaborazione. In pratica è come se venisse applicato uno sconto su quanto il contribuente deve versare all’erario. La portata di questa riduzione dipende ad esempio da quanti familiari risultano a carico della persona, da altri redditi da lavoro o da pensione, spese sostenute (e detraibili) per corsi di aggiornamento o istruzione universitaria, e ancora eventuali quote per palestre o piscine, spese sanitarie. E la lista potrebbe continuare.

Per quanto riguarda i figli a carico per cui si ha diritto a detrazioni d’imposta è stata introdotta una novità proprio nel 2019. Dal 1° gennaio di quest’anno è possibile considerare a carico i figli fino a 24 anni Purché non abbiano redditi superiori ai 4.000 euro. Sono considerati figli a carico sia quelli legittimi, sia quelli naturali (se riconosciuti fuori dal matrimonio), nonché quelli adottivi, affidati o affiliati.

Il salario netto

Prima di arrivare al riquadro in basso a destra dove c’è la tanto agognata dicitura retribuzione netta, cioè quanto avete realmente guadagnato quel mese al netto di tasse e sottrazioni varie, è il caso di analizzare un attimo il TFR. Cos’è? Il Trattamento di fine rapporto viene sottoposto ad una tassazione diversa rispetto al resto delle cifre viste sin qui. Altri non è che la liquidazione, lo potete quasi considerare uno stipendio posticipato in caso di dimissioni o licenziamento. Il calcolo di questo strumento non è semplicissimo, ecco la spiegazione così come riportata dall’art. 2120 c.c.: “In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni”. E continua: “Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente”.

Una volta che è chiaro cosa siano le trattenute fiscali e previdenziali, ecco come si arriva a calcolare lo stipendio netto percepito dal lavoratore. La retribuzione netta come accennavamo è ciò che la persona riceve realmente a fine mese.

L’ultimo punto che resta da chiarire sono gli obblighi di legge rispetto alla firma della busta paga. Da norma il datore di lavoro deve consegnare il documento al proprio dipendente e questi deve firmarla come prova di presa visione del documento. La firma però non comprova l’avvenuto pagamento ma solo la ricezione della busta. Per legge nel momento in cui si fa firmare la busta paga si dovrebbe corrispondere la retribuzione al lavoratore, in caso si mancati pagamenti il datore di lavoro può essere sanzionato. Si parla di una multa amministrativa che può andare dai 150 ai 900 euro. Nel caso in cui il mancato pagamento interessi più di 10 lavoratori o se si ritardano il versamento della retribuzione per più di 1 annoi il datore di lavoro può dover pagare sanzioni fino a 7.200 euro.

Le cifre sulla vostra busta paga adesso dovrebbero avere più senso per voi. La prima parte vi riassume lo stipendio base, la parte centrale quanto avete lavorato e quindi accumulato, la terza sottrae gli oneri per tasse e previdenza ed infine c’è quel numero in basso a destra che segnala quanto effettivamente il datore di lavoro andrà a versare sul vostro conto corrente.