Aumenti in busta paga 2020: dal bonus Befana al bonus 40 euro

Una delle principali novità delle quali si parla in questo momento a livello economico è il taglio del cuneo fiscale che avrà una prima conseguenza effettiva sui lavoratori dipendenti: questi ultimi dovrebbero ricevere infatti 500 euro in più in busta paga a partire dal 2020, il cosiddetto bonus 40. In arrivo a partire dal prossimo anno anche altri cambiamenti, quali il Bonus Befana, con i quali il Governo punta a combattere l’evasione fiscale, uno dei principali problemi del nostro Paese.

Aumenti in busta paga 2020: dal bonus Befana al bonus 40 euro

Sono due gli incentivi economici dei quali si parla tanto in questi giorni, attraverso i quali il Governo vorrebbe mettere in moto la macchina della ripresa economica: il primo, il bonus Befana, mira a favorire un maggiore utilizzo delle carte di credito, e il bonus 40. 

La manovra economica inizia a far intravedere quelle che sono le sue prime armi: nonostante i 23 miliardi di debito, si sta cercando di percorrere la strada che eviterà l’aumento dell’IVA nel 2020, attraverso l’innalzamento degli stipendi più bassi e una rivoluzione green che dovrebbe prevedere tutta una di investimenti per far riaccendere il motore dell’economia italiana.

Uno degli obiettivi più ambiziosi del nuovo Governo è stato la riduzione delle tasse sul lavoro, attraverso il cosiddetto taglio del cuneo fiscale, termine con il quale vengono indicati gli oneri e le tasse a carico di imprese e lavoratori. La misura, prevista nella Nota di aggiornamento Def, approvata di recente dal Consiglio dei Ministri, dovrebbe portare a un aumento in busta paga di 500 euro all’anno, a partire dal 2020. A conti fatti, si tratta di circa 40 euro, al punto che si parla proprio di bonus 40. In molti l’hanno rinominata “operazione cuneo fiscale”: se nel 2020 si parla di 500 euro in busta paga all’anno, c’è l’impegno e l’intenzione di arrivare a 1.000 euro nel 2021.

Bonus 40: cos’è e quando entrerà in vigore

Il bonus 40 partirà a luglio del 2020: valutandone l’impegno aggiuntivo, si sta parlando di 0,15 punti percentuali di PIL per il 2020 e di 0,3 punti percentuali di PIL per il 2021. Il taglio del cuneo fiscale, dunque, non sarà in vigore a partire dal 1° gennaio 2020, ma da luglio del prossimo anno.

Il bonus 40 ha previsto uno stanziamento di 2,7 miliardi per il 2020, che dovrebbe raddoppiare arrivando a 5,4 miliardi nel 2021. Si tratta di un cambiamento che non coinvolgerà tutti gli italiani, ma sarà riservato ai soli lavoratori dipendenti che hanno un reddito annuo lordo sotto i 26.000 euro. Nella pratica, i beneficiari saranno 11 milioni, gli stessi che oggi ricevono il bonus 80 euro che era stato introdotto da Matteo Renzi.

Il cuneo fiscale cercherà di far quadrare i conti della manovra e sarà dettagliato in uno dei 23 disegni di legge collegati alla manovra finanziaria stessa, con la richiesta di un supplemento di istruttoria. Il Governo deve ancora stabilire in che misura intervenire. Ci sono due diverse ipotesi:

  • la prima è quella legata alla possibilità di ricevere un credito fiscale nella busta paga di luglio, sempre rivolto esclusivamente ai lavoratori con una RAL inferiore ai 26.000 euro, e potrebbe anche esserci una progressività a seconda delle fasce di reddito colpite dall’intervento, con la quale si potrebbe differenziare il peso del taglio. Resta in sospeso  il tema degli incapienti, che sono in questo momento esclusi dagli 80 euro di Renzi;
  • la seconda ipotesi, dall’altro lato, si basa sull’assunto che la detrazione porterebbe a un vantaggio fiscale distribuito ogni mese in busta paga.

Il taglio del cuneo non dovrebbe portare all’eliminazione degli 80 euro del bonus Renzi ai lavoratori che lo percepiscono già, ovvero quelli con una situazione reddituale sotto i 26.000 euro lordi all’anno. La super-detrazione fiscale rappresentata dal bonus 40 potrebbe portare, in linea teorica, anche all’estensione di tale beneficio agli incapienti. Con questo termine vengono indicate tutte quelle persone che non superano gli 8.174 euro l’anno come reddito da lavoro dipendente e, di conseguenza, non sono tenuti al versamento dell’IRPEF.

Taglio del cuneo fiscale: il costo della manovra

A detta del viceministro all’Economia Antonio Misiani “Ridurre le tasse sul lavoro è l’obiettivo del governo. Il taglio del cuneo fiscale porterà più soldi al lavoratore dipendente. Se lo estendiamo alla platea degli 80 euro questi avranno 500 euro in più all’anno”.  Quanto è realizzabile nel concreto questa manovra? Per venirne a capo, basta analizzare le precedenti dichiarazioni dei redditi.

Nel 2017, erano 11,7 milioni gli italiani ai quali spettava il bonus Renzi. Ipotizzando di dare a tutte queste persone 40 euro in più al mese in busta paga, a conti fatti, si arriverebbe alla cifra di 5,85 miliardi di euro, poco più dei 5,45 miliardi dei quali si fa riferimento per la riduzione del cuneo fiscale. Fra due anni, dunque, nel 2021, si potrebbe, in teoria arrivare a una quota in busta pagare di ben 1.000 euro in più al mese.

In altri termini, ci vogliono almeno 5 miliardi per far sì che si inizi a vedere un qualche effetto sul cuneo fiscale. Il taglio del cuneo, quindi, partirà a metà anno proprio perché in questo momento non ci sono risorse sufficienti per agire in diversamente: riguarderà, dunque, soltanto il periodo luglio-dicembre 2020 e, a seguire, tutto il 2021.

Bonus Befana: in cosa consiste e da quando sarà attivo

Il bonus Befana è un’altra delle novità in arrivo dal punto di vista economico, con l’obiettivo principale di contribuire alla lotta contro l’evasione fiscale.  Si tratta di un incentivo sui pagamenti con moneta elettronica, che consiste in un superbonus ribattezzato non a caso bonus Befana. Nelle intenzioni del Governo c’è l’idea di introdurre un maxi bonus all’inizio dell’anno – da qui il termine bonus Befana – per tutti colori i quali hanno superato una determinata soglia per quel che riguarda i pagamenti digitali. Nel concreto, si tratterebbe di una novità per favorire un maggiore utilizzo delle carte di credito e del bancomat, al fine di rendere i pagamenti tracciabili.

L’ipotesi è che il bonus Befana corrisponda a un rimborso del 19% per una spesa digitale fino a una determinata soglia, che si presume possa essere 2.500 euro: in altre parole, i contribuenti dovrebbero ricevere un rimborso fino a un massimo 475 euro se nell’anno precedente hanno speso fino alla soglia di 2.500 euro (anche se le cifre non sono state ancora ufficializzate) con l’utilizzo di bancomat o carte di credito. Non sono stati ancora definiti i mezzi attraverso i quali il bonus Befana sarà concesso. Si presuppone che potrebbe esserci un rimborso extra del 10% per i settori quali la ristorazione o i piccoli lavori domestici, che sono spesso quelli più a rischio di evasione fiscale.

Il meccanismo del cashback

In aggiunta, per scongiurare l’ipotesi dell’aumento dell’IVA, dovrebbe arrivare anche il sistema del cashback mensile su tutti i pagamenti tracciabili. In cosa consiste il cashback? Si tratta di un meccanismo che permette la restituzione, probabilmente su base mensile, di una quota compresa fra i 2 e il 4% dell’IVA, relativa agli acquisti effettuati con moneta elettronica.

Chi sceglie il pagamento elettronico avrà diritto a fine mese a un rimborso che corrisponderà a una percentuale della spesa sostenuta. Facendo un esempio, se il governo decidesse di imporre uno sconto sull’IVA dei pagamenti elettronici del 3%, chi acquista un bene al costo di 100 euro, più il 22% di IVA, potrebbe ottenere un rimborso di tre euro.

La tassa sul contante

Nei giorni scorsi si è parlato anche di vera e propria tassa sul contante, che si baserebbe su un cambiamento delle aliquote attualmente in vigore, con un meccanismo differente tra i pagamenti elettronici e quelli in contante. In tal senso, si ipotizza una modifica alle aliquote attuali – che corrispondono al 10% e al 22% – che salirebbero rispettivamente all’11,5% e al 23,5% per chi decide di pagare in contanti.

Per chi paga con moneta elettronica, invece, se l’IVA scende di tre punti percentuali, quella più bassa, che è oggi al 4%, si ridurrebbe addirittura all’1%. Ci sarebbe così un duplice vantaggio: da un lato per i cittadini che pagano con carte di credito e bancomat, dall’altro per lo Stato, che dovrebbe riuscire a incassare un bel po’ con l’emersione del nero.

Tra i cambiamenti, ci sarebbe anche quello di ridurre le commissioni a carico degli esercenti per i pagamenti elettronici, in modo tale da riuscire a creare un sistema nel quale tutti siano agevolati e abbiano dei vantaggi nell’utilizzo della moneta elettronica. Tra le varie proposte, ci sarebbe quella legata all’introduzione di una nuova carta unica per andare incontro alle esigenze di chi non ha un conto corrente, ma vorrebbe usufruire del meccanismo del cashback. Tale carta, che ricorda un po’ quella utilizzata per il reddito di cittadinanza, dovrebbe funzionare come:

  • documento d’identità;
  • patente di guida;
  • codice fiscale o come semplice strumento per pagare, alla stregua di una carta prepagata.

Il cuneo fiscale secondo il rapporto annuale OCSE

Il taglio del cuneo fiscale e i 500 euro in arrivo in busta paga per i lavoratori che hanno un reddito annuale lordo inferiore a 26.000 euro rappresentano la grande proposta del Governo a sostegno dei lavoratori dipendenti. A proposito di cuneo fiscale, la media dei Paesi OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) è di 35,9%. A quanto ammonta il cuneo fiscale negli altri Paesi e qual è la posizione dell’Italia?

È stato recentemente diffuso il rapporto annuale dell’OCSE dal titolo “Taxing Wages”, nel quale viene messo a confronto il cuneo fiscale in ben 35 Paesi a livello mondiale. Nel nostro Paese un lavoratore “standard”, quindi senza il carico familiare di mogli e/o figli, è sottoposto a un cuneo fiscale del 47,7%. L’Italia si trova al terzo posto, subito dopo Belgio, al primo posto con il 53,7%, e Germania, che è al secondo posto con il 49,7%. Tra i Paesi OCSE seguono, poi, in classifica la Francia, che si trova al quarto posto, e la Spagna, che invece è collocata soltanto al quindicesimo posto.

Del 47,7% di cuneo fiscale italiano:

    • il 16,5% consiste in imposte personali sul reddito;
    • il 31,2% nei contributi previdenziali che sono per il 7,2% a carico del lavoratore e per il 24,0% a carico del datore di lavoro.

Le misure introdotte finora sono solo parziali e devono ancora essere messe a punto: lo si farà con buona probabilità nel testo della legge di bilancio, ma la riforma di questi temi è presente anche nell’elenco dei provvedimenti collegati, ragion per cui l’intervento potrebbe risolversi in più fasi. In generale, quella del taglio del cuneo fiscale presente nella Nota di aggiornamento al Def dovrebbe portare a una crescita del PIL: si ipotizza un contributo pari allo 0,1 % nel periodo compreso fra il 2020 e il 2022.