Quali sono i controlli che possono essere effettuati sui vostri conti correnti? In questa guida vi illustreremo chi e come può verificare la regolarità delle operazioni sui conti, quali sono le tasse da pagare sui conti correnti e le eventuali sanzioni che potreste ricevere se non fosse tutto in regola
L’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto iniziare un’operazione di monitoraggio sui conti correnti italiani in questa prima parte del 2020. La pandemia e la crisi economica che ne è stata una diretta conseguenza sembrano aver posticipato questo piano del Ministero dell’Economia. E nell’ultimo Decreto Rilancio sono anche stati annunciati una proroga del blocco delle cartelle esattoriali e una sospensione degli accertamenti fiscali.
L’Agenzia una volta ristabilita la calma però avvierà le sue verifiche sulle operazioni bancarie e sui conti correnti alla ricerca di frodi ed evasori. Il piano di controlli a tappeto è stato annunciato dal ministro Gualtieri che ha sottolineato come l’obiettivo di queste azioni sarà quello di porre un freno al fenomeno dell’elusione fiscale e del sommerso.
I possessori di conti correnti devono pagare delle imposte fisse sui conti oltre alle tasse sul reddito. Gli importi che i correntisti devono versare per questi prodotti sono:
la ritenuta del 26% sugli interessi maturati sul conto
l’imposta di bollo
La prima cifra dipenderà ovviamente dall’importo del vostro conto corrente. La seconda invece è pari a 34.20 euro per chi ha un conto con una giacenza media superiore a 5 mila euro. Se il conto è intestato ad una persona giuridica (quindi i conti aziendali o di società) l’imposta sarà di 100 euro l’anno.
Questa tassa dovrà essere versata in base al periodo di rendicontazione del vostro conto. Se avete una rendicontazione trimestrale pagherete l’imposta suddividendo la cifra in 4 rate, altrimenti con un conto semestrale saranno solo due e così via.
Non tutti i clienti pagano l’imposta di bollo, per legge gli unici ad essere esentati sono coloro che hanno un conto ma con una giacenza media inferiore a 5 mila euro. Ci sono delle banche che però si fanno carico dell’onere di questa spesa per attirare nuovi utenti.
L’imposta deve essere versata anche sui conti deposito e sui titoli, i buoni fruttiferi e le polizze, oltre ai fondi di investimento. Per quanto riguarda la tassa sui titoli è proporzionale ai titoli posseduti, si paga lo 0,20% del controvalore di mercato.
I controlli sui conti saranno focalizzati sulle operazioni sospette, ad esempio sul passaggio di fondi da un conto ad un altro oppure su corposi versamenti di contanti che per le forze dell’ordine possono nascondere riciclaggio di denaro sporco. Gli accertamenti riguarderanno anche eventuali importi presenti sul conto ma non riportati nella dichiarazione dei redditi dell’intestatario, oppure nel caso delle aziende per bonifici o importi sospetti.
Con i nuovi regolamenti in materia di antiriciclaggio è stato imposto l’obbligo per gli istituti bancari e postali di segnalare le operazioni sospette. La comunicazione deve essere inviata all’Uif, Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia.
Il Fisco ha diversi strumenti per controllare i conti dei correntisti e le entrate e uscite degli utenti. I tre principali veicoli per il monitoraggio sono il modulo ISEE, il risparmiometro e l’Anagrafe tributaria. La novità del 2020 sono i controlli incrociati tra risparmiometro e Anagrafe, grazie al Sid (Sistema di interscambio dati).
Il primo è un algoritmo che analizza le entrate e le uscite dei conti, qualora si dovessero rilevare delle operazioni poco chiare o dei movimenti di somme senza riscontro fa scattare una segnalazione all’Agenzia delle Entrate.
Il secondo strumento nelle mani del Fisco per il controllo dei conti correnti è stato introdotto con il Decreto Salva Italia nel 2011. È stato il Governo Monti a studiare la super Anagrafe dei conti per contrastare l’evasione fiscale.
Nel Decreto si legge: “A far corso dal 1° gennaio 2012, gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare periodicamente all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato i rapporti di cui all'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, ed ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali, nonché l'importo delle operazioni finanziarie indicate nella predetta disposizione. I dati comunicati sono archiviati nell'apposita sezione dell'anagrafe tributaria prevista dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, e successive modificazioni”.
Ci sono poi anche le altre banche dati che sono state rese navigabili e disponibili per i monitoraggi antiriciclaggio. Grazie all’incrocio dei diversi set di dati dovrebbe diventare più semplice e immediato risalire alle incongruenze e ad eventuali situazioni sospette.
Il modello ISEE infine è una dichiarazione della situazione economica equivalente e serve a valutare le condizioni economiche di una famiglia. Questo documento può essere richiesto compilando la DSU (Dichiarazione sostitutiva unica). Nella DSU si indicano i dati anagrafici, del patrimonio e dei redditi dei componenti del nucleo familiare.
I dati contenuti in questa dichiarazione sono in parte autodichiarati da chi presenta il DSU, in parte vengono acquisiti dall’Agenzia delle Entrate e dall’INPS. L’ISEE e quindi la DSU sono dei documenti che servono per accedere a prestazioni agevolate (come il reddito di cittadinanza).
Dal 1° Gennaio 2020 è stato lanciato un progetto per una DSU pre compilata e in contemporanea sono partite le verifiche sui conti correnti dei contribuenti. Tramite questo strumento in particolare ci si può concentrare sul controllo di saldi e giacenze media dei conti e dei libretti postali e dei conti deposito.
Ad essere differente da quest’anno sarà anche la modalità usata dall’INPS per verificare i dati. In particolare, come si legge nelle comunicazioni riportate sul sito della Previdenza nazionale, non si limiterà più ad un confronto con i conti correnti presenti nell’archivio ma andrà a controllare le cifre dichiarate.
Torniamo adesso agli strumenti del risparmiometro e dell’Anagrafe tributaria per approfondire il funzionamento di questi sistemi che sono diventati le principali armi in mano al Fisco per verificare sia i privati che le imprese.
Come dicevamo, l’algoritmo si occupa di controllare entrate e uscite dichiarate sui conti. La segnalazione all’Agenzia delle Entrate viene inviata quando l’analisi evidenzia un discostamento del 20% tra addebiti e accrediti.
Non è l’unico caso per cui il Fisco potrebbe interessarsi al vostro conto corrente. Altre situazioni per cui si può essere sottoposti ad un controllo sono dei conti da cui non si preleva ma si continua solo ad accumulare denaro. In questo caso infatti si ritiene che l’utente abbia qualche fonte di entrate non dichiarate.
Per quano riguarda le spese effettuate invece dipende se siano o meno in accordo con la dichiarazione dei redditi. Ci spieghiamo meglio, possono essere segnalate delle spese inconsuete rispetto allo stile di vita e alle possibilità economiche rese note al Fisco. In questa categoria di operazioni possono rientrate acquisto di immobili o di beni di lusso e il trasferimento di denaro all’estero. In genere l’Agenzia si insospettisce per bonifici che superino i 5 mila euro.
Non vengono controllate solo le uscite, ma anche le entrate subiscono la stessa trafila. In questo caso non ci sono cifre minime, i versamenti che si ricevono sul conto devono risultare giustificati. Se le somme dovessero particolarmente consistenti potrebbero essere sottoposte a verifica.
Passiamo alla Super Anagrafe, questo database raccoglie moltissimi dati sui vostri risparmi e sui conti postali e bancari. I dati sono forniti in modo congiunto dall’Agenzia delle Entrate, dalla Guardia di Finanza e dagli intermediari finanziari (obbligati a comunicarli).
Con questo strumento si può accedere alle informazioni sui libretti di risparmio ai dati sulle giacenze medie dei conti e alle movimentazioni di spesa, e ancora alle operazioni di bonifico, prelievo e investimento. Si potrà conoscere i saldi del conto sia ad inizio anno che a fine anno e le operazioni di versamento e pagamento effettuate.
L’Agenzia potrebbe controllare chiunque voglia, ne ha i mezzi e, come visto, ha diversi strumenti su cui fare affidamento. Ci sono però delle condizioni per cui l’ente monitora la situazione finanziaria di qualcuno, siano conti di persone fisiche o giuridiche.
Le condizioni che aumentano la possibilità di finire sotto la lente di ingrandimento del Fisco sono quelle descritte: accrediti di grandi somme che non possano essere ricondotti a fonti di reddito dichiarate, solo per fare un esempio.
Ci sono senza dubbio dei soggetti più esposti di altri alle attenzioni dei controllori, è più probabile che si faccia un’analisi di lavoratori autonomi e partite IVA che di dipendenti. Ma i lavoratori dipendenti possono essere monitorati come chiunque altro se si dovesse presentare una ragione di verifica.
E siamo quasi alla fine della nostra guida. Vediamo quindi cosa si rischia se non si pagano le imposte o si cercano di nascondere somme sui conti correnti. Nel caso in cui vengano rilevate delle anomalie nei conti sarà il contribuente a dover dimostrare di non aver commesso attività illecite, dovrà quindi produrre tutta la documentazione che provi la sua innocenza.
L’iter prevede un contraddittorio preventivo tra l’Agenzia delle Entrate e l’utente, il contribuente sarà convocato da un funzionario del Fisco e dovrà fornire le sue giustificazioni. Se le prove prodotte non dovessero convincere il Fisco, allora si procederà ad un accertamento fiscale.
Con le nuove disposizioni antiriciclaggio non rischia una sanzione salata solo chi effettui operazioni illecite ma anche chi non le segnali. Ad esempio, il notaio o l’agente immobiliare che dovessero ricevere la proposta di elevati pagamenti in contanti e non lo segnalassero all’Uif potrebbero ricevere una multa fino a 15 mila euro. Il rischio per il contribuente in caso di illeciti prelievi o versamenti in contanti è di una sanzione tra i 2 mila euro e i 50 mila euro.
Possono essere anche più pesanti le multe per chi non dovesse dichiarare conti detenuti all’estero. In questo caso la cifra sarà proporzionata all’importo delle cifre evase al Fisco italiano. La sanzione potrà andare dal 3% al 15% del saldo del conto scoperto dai controlli fiscali e non dichiarato nel quadro RW. Se il conto è stato aperto in un paradiso fiscale la multa sarà raddoppiata e potrà esservi fatta una sanzione per il 30% del valore del conto.
Questo è solo il lato amministrativo, ci sono dei reati legati all’uso illecito dei conti correnti per cui si può incorrere anche in sanzioni penali oltre che amministrative. Nel caso di riciclaggio la multa potrà andare da 5 mila a 25 mila euro, ma si potrà anche essere puniti con un periodo di reclusione in carcere compreso tra i 4 e i 12 anni.