Conti correnti, FABI: "10 rischi delle banche online, ecco come difendersi"

Trappole e costi indesiderati sono tra i maggiori rischi per chi sceglie i servizi bancari online. Conoscere i pericoli è un primo passo per evitarli. Gli italiani però devono anche rafforzare la propria conoscenza economico finanziaria se non vogliono essere vittime di contratti poco trasparenti. Voi ad esempio sapete qual è la differenza tra tasso lordo e netto e dove trovare le condizioni economiche del contratto del vostro conto corrente? Ecco alcune risposte

Conti correnti, FABI: "10 rischi delle banche online, ecco come difendersi"

La Federazione autonoma bancari Italia (FABI) ha stilato una mappa dei 10 rischi più frequenti con l’online banking. I problemi individuati dalla FABI sono:

  • risparmi virtuali sulle tariffe
  • costi nascosti e trappole
  • offerte civetta
  • benefici per i clienti poco chiari
  • promozioni aggressive
  • prestiti senza adeguata valutazione
  • vendita mascherata di altri prodotti
  • falsa praticità
  • limitazioni all’operatività
  • assistenza personale non bancario

In effetti se si analizzano le pagine in cui sono sponsorizzati prodotti finanziari, conti correnti e carte di credito saltano all’occhio almeno 4 o 5 degli elementi di questo elenco. Le sigle di tassi che non indicano chiaramente se si tratti di percentuali di interesse nette o lorde, informazioni parziali e non sempre di immediata comprensione per gli utenti non accompagnate da spiegazioni. Per chi non abbia gran dimestichezza con i documenti bancari e con la struttura dei siti che promuovono questo tipo di prodotti avere un quadro completo e chiaro di ciò che si sta acquistando non è sempre semplice. In più si è spesso distratti dai servizi accessori abbinati al prodotto principale.

Ancora solo il 30% degli italiani sceglie l’online

In Italia negli ultimi dieci anni la percentuale di cittadini che utilizza i servizi di online banking per il proprio conto corrente è quasi raddoppiata passando dal 16% al 30%. I dati Eurostat però mostrano come questo risultato sia ancora lontano dalla media europea (54% nel 2018) e dalle punte dell’89% raggiunte da Danimarca e Finlandia. Non siamo però il fanalino di coda dell’Europa, almeno per questo tipo di servizi. Gli abitanti della Romania infatti hanno fatto registrare una percentuale nettamente più bassa, appena il 7%.

La cultura finanziaria degli italiani è il vero pericolo

Dietro l’efficienza e il risparmio di tempo apparentemente garantito da questa tipologia di conti correnti virtuali a zero spese si possono però nascondere delle insidie per i consumatori. In Italia uno dei problemi correlati al decalogo stilato da Fabi riguarda l’educazione economico finanziaria, Standard & Poor’s in uno studio del 2018 ha mostrato come solo il 37% degli italiani adulti abbia una buona cultura finanziaria. Per avere un’idea del livello degli altri paesi ricchi dell’Europa in Irlanda la percentuale è stata del 55%, in Olanda il 66% e in Norvegia il 71%.

Questo analfabetismo economico finanziario può produrre molti danni ai risparmiatori del Fai da te, soprattutto se rapportato invece alle somme investite dalle famiglie italiane (nel 2017 si parla di 4.200 miliardi di €).

Scarsi anche sulle operazioni

Anche il rapporto annuale della Consob sulla scelta di investimento della famiglie in Italia pone alcune criticità legate all’acquisto di prodotti complessi e al livello di cultura finanziaria diffuso nel Paese. Come si può leggere nel documento infatti: “In merito alle competenze di calcolo, strumento indispensabile per l’accrescimento della cultura finanziaria, solo il 23% degli intervistati mostra di avere familiarità con il concetto di probabilità“.

Se è vero che alcune delle nozioni di base – come il concetto di inflazione, relazione rischio/rendimento, diversificazione, mutui, interesse composto – sono risultati comprensibili per quasi la metà del campione analizzato, se ci si avventura in concetti più complessi la percentuale scende sotto il 20%. Per concetti complessi si intendono i tassi di interesse, le informazioni connesse alle obbligazioni o al mercato azionario e alla rischiosità).

Si è registrata una lieve differenza nelle conoscenze possedute da investitori e non, ma non sufficiente a rassicurare rispetto al problema. Anzi i dati rivelano che in alcuni casi c’è una disparità tra ciò che le persone ritengono di conoscere e il loro livello reale di sapere finanziario. Il disallineamento tra reale e percepito ha riguardato circa il 30% degli intervistati.

La percezione del rischio

Altro elemento che dovrebbe destare preoccupazione è quello della conoscenza del rischio. Un test contenuto in questo rapporto infatti richiedeva agli utenti di ordinare alcuni strumenti finanziari (azioni, fondi azionari, derivati, obbligazioni non finanziarie) rispetto al risk level: in questo esperimento solo il 10% del campione è  stato in grado di ordinare in modo corretto le alternative di investimento.

Una mini guida ad indici e parole chiave

Immaginate queste persone alle prese con la scelta dei conti, del calcolo degli interessi o che non hanno idea di cosa sia la rendicontazione e del perché sia importante. Quel che è peggio è che in molti ignora anche dove andare a trovare queste informazioni e non leggono il contratto al momento della stipula. Ecco alcuni dei termini che sarebbe utile conoscere quando si sceglie un conto corrente o si leggono i contratti di conto deposito e come possono aiutarvi ad evitare alcuni dei problemi evidenziati dalla FABI.

1. CET1 Ratio

È un indice che aiuta a stabilire la solidità patrimoniale delle banche. La Banca Centrale Europea ha stabilito che se un istituto ha un CET 1 ratio inferiore all’8% non gode di buona salute e la BCE può arrivare anche a commissariarla. Ogni anno i principali quotidiani economici e gli istituti di vigilanza classificano le banche in base al CET1 Ratio. Controllate qual è quello del vostro istituto. Per essere tranquilli dovrete assicurarvi che sia pari o superiore almeno al 10,5%.

2. Fondo deposito Interbancario

È un consorzio a tutela dei correntisti nato nel 1987, le banche italiane sono obbligate ad aderirvi. In precedenza, la partecipazione era volontaria ma le recenti crisi finanziarie e i disastrosi tracolli delle banche popolari hanno portato alla modifica. Dal 2011, ed esattamente dopo l’approvazione del DL n.49 del 24/03/2011, il consorzio riconosciuto dalla Banca d’Italia garantisce una copertura dei depositi dei risparmiatori fino al massimo di 100 mila € per ciascun risparmiatore.

La partecipazione al Fondo e quindi la copertura in caso di fallimento è obbligatoria per gli istituti italiani, mentre le banche straniere che operano in Italia si devono adeguare alla direttiva 2014/49/UE. Anche gli altri paesi europei che hanno recepito la direttiva hanno istituito dei fondi simili, assicuratevi quindi che la vostra banca vi abbia aderito e su quali sono le condizioni per ottenere un eventuale rimborso.

3. Imposta di bollo

È una delle spese da tener presente quando si apre un conto corrente o un conto deposito. Se si hanno in giacenza più di 5000 € infatti si deve pagare questa tassa annuale introdotta dal Decreto Salva Italia. Per le persone fisiche la cifra da versare è di poco più di 34 €. Spesso per incentivare i correntisti le banche includono queste spese nel canone annuo, quindi la versano al posto del cliente.

4. Estinzione anticipata

E qui incrociamo il tema dei costi nascosti. Se si legge con attenzione il Foglio informativo che le banche sono tenute a pubblicare e che contiene tutte le condizioni economiche si scopre che questa opzione è contemplata ma che comporta delle penali oppure la perdita degli interessi accumulati.

5. Tasse

Per chi ha problemi con le percentuali il calcolo delle tasse sulle giacenze può essere un argomento ostico. Se optate per l’apertura di un conto deposito oltre al bollo dovrete considerare anche la tassazione sul capitale investito, in questo caso di tratta del 26% sugli interessi. La faccenda si complica con il prossimo tema: la rendicontazione.

6. Diritto di recesso o risoluzione del contratto

Entro 14 giorni dalla firma del contratto il consumatore può esercitare il diritto di recesso e non incorrerà in sanzioni o dovrà pagare costi di chiusura. Trascorso questo periodo i diversi istituti possono prevedere condizioni differenti per l’estinzione del conto corrente a livello di tempistica, preavviso e gestione di interessi. Stando però a quanto stabilito dal Decreto Bersani sulla Libera concorrenza (Dl 223/2006 convertito nella legge 248/2006) l’operazione di chiusura del conto non comporta costi aggiuntivi. La banca però può prevedere dei costi specifici rispetto al canone di gestione del conto corrente, agli eventuali interessi passivi o ad altre spese relative a servizi aggiuntivi.

Il Foglio informativo

Quelli elencati sono solo una minima parte delle voci da controllare e studiare per scegliere con consapevolezza il proprio conto corrente. Però un passo alla volta.

Per poter avere una visione di massima delle condizioni generali proposte potete usare il comparatore di SosTariffe.it, è uno strumento che permette al cliente di farsi un’idea generale dei costi di gestione e di attivazione dei diversi conti correnti proposti dagli istituti. Nello schema che appare al termine della ricerca sono contenuti in modo chiaro e semplificato le principali condizioni economiche e i servizi extra abbinati all’offerta. Se però cliccate su Maggiori Informazioni vedrete un link cliccabile alla voce Foglio informativo o Condizioni economiche e sarete reindirizzati alla pagina che vi permette di consultare il documento originale.

Se non volete rischiare di incorrere in proposte fraudolente o di ritrovarvi poi a pagare dei servizi non richiesti o delle tariffe più salate del previsto è questo il testo che dovete riuscire a leggere con attenzione. Vi sono contenuti i costi per ottenere le carte associate al conto corrente, le condizioni di apertura e chiusura della posizione, eventuali possibilità di fido e tassi di interesse (attenzione a non fare confusione tra tassi reali e lordi).

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